Questo articolo nasce dagli spunti forniti da due manuali che ho letto ultimamente, cioè Agents of Concordia e il gioco di cui mi sto innamorando (vedasi articolo sulle mie relazioni con le campagne), The Burning Wheel. In entrambi vi è una sezione dedicata a come strutturare una sessione di gioco, sebbene con approcci e fini differenti. Non sono ovviamente i soli giochi che danno esplicitamente consigli sull’argomento, ma forniscono un punto di partenza per parlarne. Se qualcuno avesse altre letture da aggiungere nella trattazione fatemelo sapere!
Questo articolo vuole trattare l’argomento per quanto riguarda le sessioni al tavolo. Benchè parte del discorso possa adattarsi bene anche al gioco online, alcuni aspetti sono profondamente diversi.
Bisogna parlare di come strutturare una sessione?
Il fine ultimo del gioco di ruolo è essenzialmente divertirsi. Seguendo questo dogma io sono molto liberalista. Cambiare regole, togliere limiti, aggiungere eccezioni, modificare statistiche, prendere un aspetto di un gioco e usarlo per un altro, tutto si può fare. Basta che ci sia consenso tra i giocatori e che questo comporti un miglioramento dell’esperienza di gioco. Solo per mettere le cose in chiaro, non vuol dire che io lo faccia spesso, anzi. Dico solo che non vedo alcun problema nel farlo.
Quindi di conseguenza anche una sessione va strutturata come meglio si preferisce, basta che funzioni. Ogni gruppo ha le sue abitudini, le sue situazioni, pertanto non esiste un paradigma uguale per tutti. Ma secondo me è bene ogni tanto fare il punto della situazione e vedere cosa viene suggerito da altri giocatori. Magari c’è uno spunto interessante a cui non si era pensato. Vediamo quindi nel dettaglio cosa suggeriscono questi due manuali.
La sessione secondo Agents of Concordia
Il manuale di Agents of Concordia suddivide la sessione in cinque parti.
Primo punto, il momento “sfogo preventivo”. Parte dal presupposto che, poiché si ha un buon rapporto con i propri compagni giocatori, bisognerebbe darsi circa venti minuti di tempo per parlare d’altro, raccontarsi come va la vita e parlare del più e del meno. Questo affinchè tali argomenti non escano fuori durante il gioco, rovinandolo.
Secondo punto, preparare il mood. Questo vuol dire trovare le giuste luci, magari una musica adeguata, ma anche spegnere eventuali schermi e allontanare gli smartphone.
Terzo momento, l’immersione. Allontanate tutte le fonti esterne di distrazione, è tempo di focalizzare l’attenzione. Dare un momento ai giocatori per ritrovare il loro personaggio. Il master chiede come si sente ogni singolo personaggio e fa a ognuno una semplice domanda, ogni volta diversa. Qual è il cibo preferito o un ricordo di infanzia. Questo serve ad aiutare il giocatore a ricominciare a pensare come il suo alter ego e agli altri compagni a connettersi meglio con lui.
Credits: Ismail Inceoglu
Quarto punto, il riassunto. Ricapitolare dove si è arrivati con la trama, cosa è successo nell’ultima sessione. In questo modo si aiuta il giocatore a reimmergersi nella storia, oltre ad aiutare eventuali assenti a riempire le lacune. Come aggiunta personale direi anche che permette di capire cosa è rimasto impresso nella mente dei giocatori. E’ un feedback utilissimo perchè ciò che racconteranno e come lo racconteranno permette di capire quanta presa ha su di loro ogni singolo elemento della storia.
Quinto momento, finalmente si gioca!
Come strutturare una sessione secondo The Burning Wheel
I manuali di The Burning Wheel sono veramente pieni di nozioni e di buone idee, ma in realtà non parlano esplicitamente di come strutturare una sessione. Viene però dato un suggerimento, necessario per via del particolare sistema del gioco.
The Burning Wheel non ha punti esperienza o livelli. Si migliorano le abilità che vengono usate e solo se si fanno un determinato numero di prove di una certa difficoltà. Ma c’è un altro sistema a punti, chiamati Artha, che premia l’interpretazione e il raggiungimento di determinati obiettivi prefissati. I punti Artha così ottenuti possono essere spesi per facilitare le prove o ottenere particolari vantaggi o miglioramenti.
Per poter capire se le azioni di ogni singolo personaggio sono meritevoli di uno o più punti si suggerisce di terminare la sessione con un quarto d’ora in anticipo e utilizzare quel tempo per far leggere ad alta voce i descrittori interpretativi (nello specifico traducibili con le “Convinzioni” e gli “Istinti”) del proprio personaggio. In questo modo risulta lampante se durante la serata sono venute fuori le sfaccettature caratteriali, gli obiettivi e, appunto, le convinzioni di ognuno. E’ un momento di valutazione personale e confronto costruttivo con gli altri su ciò che si è riusciti a esprimere e ciò in cui si sono mostrate carenze.
L’importanza dell’immersione
Uno dei motivi per cui ho deciso di scrivere questo articolo è stato il primo punto descritto dagli autori di Agents of Concordia. Con la forzata necessità di collegarsi online per continuare a giocare, mi sono reso conto di quanto mi manchino le due chiacchiere che si fanno prima della sessione, come anche la lettura degli sguardi, delle espressioni o i momenti di ilarità collettiva che nelle attuali condizioni non riesco a vivere. A causa delle connessioni io e i miei compagni abbiamo solo l’audio, a volte neanche con qualità ottimale. La nostalgia del tavolo mi ha portato a pensare alle sessioni e poi a questo articolo.
Credits: Kate Fox
Come ho già scritto i suggerimenti elencati qui sopra non devono essere considerati delle regole nette, da applicare con tanto di timer e tabella di marcia. Sono però spunti interessanti. Alcuni di questi vengono già probabilmente usati da molti di noi, più o meno consciamente. Mi è molto piaciuto il momento dell’immersione suggerito da Agents of Concordia. L’idea di non limitarsi a iniziare, ma di accompagnare la nostra mente e la nostra concentrazione verso una situazione ottimale di gioco può essere veramente utile. Ancor di più se lo si fa attraverso un piccolo approfondimento di ogni personaggio.
Il valore del debriefing
The Burning Wheel dà un suggerimento diverso, perchè è meno universale rispetto a quelli precedenti, cionondimeno per alcuni giochi può essere utile. A volte quando si portano avanti lunghe campagne piene di spunti o ricche di possibilità, si rischia di perdere per strada qualche caratteristica di un personaggio.
Un personaggio non giocante citato nel background, una promessa fatta nelle prime sessioni, un oggetto serbato nello zaino e mai più considerato. Può capitare di essere presi così tanto dagli ultimi risvolti della trama o dalle proprie gesta più recenti che si rischia di perdere contatto con le radici che sono state le fondamenta del personaggio.
Credits: Night Watchart
In questo senso prenderei in prestito non solo i 15 minuti finali, ma proprio il concetto stesso di avere scritte sulla scheda i principali descrittori caratteriali e motivazionali del proprio eroe può servire a mantenere a fuoco l’interpretazione e le scelte future. Anche senza che ci sia un nesso con le regole del sistema.
Un’ultima considerazione
Vi invito a non sottovalutare questi suggerimenti. Mentre scrivevo ho riflettuto e mi sono proprio reso conto che, anche se le nostre sessioni ci divertono così come sono, non bisogna dimenticare che si può sempre migliorare.
Le idee che ho riportato non possono essere universali, ma sono sicuro che in molti casi potrebbero fare la differenza tra strutturare una sessione di GIOCO di ruolo oppure una di gioco di RUOLO.
Continuate a seguirci per leggere altri suggerimenti su come poter migliorare le vostre sessioni!
Partiamo col dire che 17th Century Minimalist, snello gioco di ruolo in inglese di emarginati nel 17esimo secolo, per me è una piccola opera d’arte. Tutte le altre parole di questa recensione sono superflue. Per una volta un logorroico come me, amante dei tomi e dei grandi sistemi, è stato conquistato da qualcosa di semplice, di poche parole e minimalista anche nel titolo. Tutto minimo, tranne il valore di questo prodotto.
Abbiamo ricevuto gratuitamente una copia del bundle 17th Century Minimalist da parte di Games Omnivorous, casa editrice di giochi che credo batta ogni record di brevità nella descrizione di sè stessa:
Pubblichiamo giochi bizzarri e minimalisti. La maggior parte sono OSR. Alcuni no. Tutti stampati in Portogallo.
Games Omnivorous
17th Century Minimalist è la prima voce della collana Minimalist RPG. Di questo stesso editore abbiamo già scritto una recensione su The feast on titanhead. Oltre che sul sito è possibile acquistare le copie fisiche del gioco presso il celebre negozio Stratagemma di Firenze.
Qualità fisica e arte di 17th Century Minimalist
Da lontano 17th Century Minimalist mi è sembrato un semplice libricino dagli strani colori. Più mi avvicinavo invece più rimanevo rapito dalla bellezza e dalla qualità di ciò che tenevo tra le mani. Un piccolo manuale di 40 pagine in bianco, nero e due colori eleganti – rosso sangria e azzurro carta da zucchero -, rilegato con un filo dello stesso rosso. Insieme a esso una cartellina in cartoncino dello stesso stile, con all’interno 5 avventure composte ognuna da un cartoncino composto da due o tre facciate. Pur trattandosi solo di carta e cartoncino, si può percepire al tatto la qualità dei materiali, anteprima di un livello che viene mantenuta in tutto il compartimento grafico.
La grafica è impeccabile nelle mappe e nelle piantine presenti nelle avventure. Le illustrazioni, realizzate da Offworld Bogil Initiative, hanno uno stile unico e particolare, un misto di matita e acquerello che si amalgama perfettamente all’insieme cromatico del prodotto e all’approccio minimalista. Disegni ricchi di dettagli e dalle linee precise e ricercate non avrebbero avuto alcun senso.
Un grande lavoro di impaginazione
L’impaginazione di 17th Century Minimalist è frutto di un lavoro attento, che mira sia alla chiarezza che all’eleganza. Il manuale è composto quasi completamente dalle classiche due colonne, ben accompagnate da titoli, sottotitoli ed elenchi di facile consultazione. La vera bellezza però sta nelle avventure, ognuna diversa nell’impaginazione, nello stile e nell’impatto visivo in base al tipo di storia che si va raccontando.
Dove serve domina la mappa di una città, quando invece la storia è in un unica locanda ecco una piantina precisa. Se invece il centro di tutto sono i personaggi, elenchi delle dramatis personae a tutta pagina.
Se c’è un appunto da fare, ma proprio per non lasciarne passarne nessuna, gli elenchi di personaggi appena citati compattati in poco spazio e in due colori sono un po’ pesanti da leggere e difficili da navigare. Ma stiamo parlando dell’unico difetto che ho trovato in tutto il bundle!
Il manifesto di 17th Century Minimalist
Avete ragione, non siamo ancora arrivati al punto centrale di questa recensione, ovvero il gioco di ruolo. Trovo che la descrizione più calzante si trovi nel retro del manuale:
Benvenuti in 17th Century Minimalist. E’ un gioco veloce e mortale con un pizzico di macabro umorismo che mette i giocatori nei panni di emarginati nell’Europa del 17esimo secolo. Giocherete imbroglioni, ladri, ex soldati, spadaccini falliti e medici meschini, in giro per il vecchio continente alla ricerca di denaro e gloria. Il sistema è progettato per permettere una rapida creazione del personaggio, compatibilità con altri giochi (per lo più OSR) e uno stile di gioco spericolato.
Andre Novoa
Seguono i punti salienti che descrivono e differenziano al meglio questo prodotto,sempre presi dal retro del manuale:
Tutte le regole sono semplificate all’essenziale. L’ambientazione è un 17esimo secolo storico e low-fantasy. Ha armi da fuoco con otturatori a pietra focaia.Non ha magia. Il combattimento è veloce, mortale e spaventoso. Perchè? I personaggi non ottengono punti ferita passando di livello. Ha meccanismi narrativi per l’esperienza e la reputazione.
Andre Novoa
Se vi chiedete com’é nato 17th Century Minimalist si tratta semplicemente di un sistema casalingo che dava buoni risultati all’autore Andre Novoa, il quale (per nostra grande fortuna) ha deciso di metterlo in bella copia (bella è riduttivo) e di pubblicarlo.
Un’occhiata al sistema
Le fonti di ispirazioni del sistema indicate dall’autore comprendono The Black Hack, Lamentations of the Flame Princess, Troika!, Sharp Swords & Sinister Spells, Dungeon Crawl Classics, Motherships.Si tratta di un sistema a d20 inverso, quindi con l’obiettivo di ottenere un risultato il più basso possibile. E’ veramente minimalista e potete immaginare il susseguirsi di paragrafi dai nomi sentiti e risentiti come iniziativa, danno, equipaggiamento e così via.
Oltre alle peculiarità che rendono il gioco pericoloso e mortale, che vedremo dopo, ci sono tanti dettagli che differenziano 17th Century Minimalist diverso dal classico fantasy medievale. Le armi da fuoco, potenti ma rischiose, tra cui spiccano per tamarraggine la pistola-ascia e la pistola a piede di anatra, cioè una pistola con 4 canne che (in teoria) sparano tutte e quattro a ogni colpo.
Poi ci sono semplici ma complete regole che si soffermano sul sopravvivere in un mondo reale e difficile. Malattie, effetti di droghe e alcool, carenza di beni per via di guerre o altri problemi.
Il gioco dà il meglio di sè in piccole campagne, per cui c’è un semplice sistema di avanzamento, che consente di arrivare fino al quinto livello. Dà maggior profondità alle storie anche un punteggio di reputazione che, sebbene sia strutturato da 1 a 12, avrebbe più senso considerarlo da -6 a +6, tenendo conto del fatto che gli estremi sono ugualmente impattanti, in negativo e in positivo.
Quando il gioco si fa duro, i duri sono da ruolare!
Vale la pena soffermarsi su qualche particolare che rende l’idea di quanto questo gioco sia caratterizzato da un ritmo veloce e da un combattimento mortale. Il concetto di base è “la vita è dura, fattene una ragione”. Vediamo alcuni esempi.
Iniziativa. Si mette in un sacchetto un dado diverso per ogni giocatore, uno per gli avversari e un dado neutrale. L’iniziativa è l’ordine di estrazione. Se esce il dado neutrale il turno finisce. Il tuo dado non è stato estrato? Mi spiace, spera nel prossimo round.
Fallimento. Hai tirato un 20? Ti ferisci o ferisci un alleato. Se non è possibile, l’arma diventa inutilizzabile.
Armatura. Ogni punto di armatura vale 1d6 per assorbire i danni. Una volta usato quel d6 non potrà più essere tirato fino a un riposo lungo, nel quale l’armatura va riparata. Se non si riesce a riparare? Semplice, la si butta.
C’è da dire che le classi sono semplici, ma ben strutturate, con abilità che hanno un impatto importante nel gioco e, pur appartenendo alle solite conosciute categorie, sono divertenti da giocare.
Le avventure del bundle di 17th Century Minimalist
So che tra poco penserete che non ho voglia di fare il mio lavoro di recensore, ma cosa vi devo dire? Il miglior modo di presentare le mini-avventure contenute nella cartellina è di riportarvi le sinossi presenti nel prodotto stesso!
Wild Witch Chase (La Caccia Selvaggia alla Strega) gioca con la morale e le credenze religiose. E’ orribile e i giocatori dovrebbero sentirsi estremamente in colpa, se giocano il modulo come è pensato.
Ticking Time Bomb (La Bomba a Orologeria) è una parodia delle guerre mercantili, tipiche dell’Italia dell’epoca, divisa in città stato in conflitto.
Black Plague Now (La Peste Nera Ora) getta i giocatori negli orrori delle epidemie del 17esimo secono. La Peste Nera del 1348 rimane senza pari, ma anche quelle del 1600 hanno fatto passare brutti momenti.
Hedge Death Maze (Il Labirinto di Siepi della Morte) fa assaggiare il lussuoso, barocco e sprecone mondo dell’arrogante nobiltà, nel momento di essere superata dalla crescente borghesia.
Cluster Fuck Inn (La Taverna delle Trombate di Gruppo) gioca con le società segrete, i complotti, l’alchimia e la scienza dell’epoca. E’ anche un tributo al Pendolo di Coucault di Umberto Eco.
Le avventure sono composte di pochi paragrafi, necessitano della capacità di trasformare le poche ma brillanti informazioni in una narrazione completa e coinvolgente. Ma il nocciolo di ognuna di esse c’è ed è simpaticamente e dannatamente brillante.
Ultimi pensieri su 17th Century Minimalist
Ho speso molte parole per un gioco alla fin fine composto da neanche 40 pagine di informazioni, ma ne avrebbe meritate ancora di più. E’ un prodotto molto schietto, dice fin da subito di cosa si tratta e com’è fatto. Semplice e diretto. Se l’ambientazione piace e ci si trova bene con i regolamenti veloci e snelli, dire che consiglio questo prodotto è dire poco. Ho stravolto il mio calendario delle sessioni per inserire almeno un paio delle mini avventure proposte.
Sia il manuale che la cartellina con le avventure sono in vendita sul sito di Games Omnivorous al prezzo di 20€ l’una. C’è poi l’offerta bundle che permette l’acquisto di entrambi i prodotti a 35€. Per chi non avesse in mente con chiarezza una storia da raccontare consiglio fortemente il bundle, perchè le avventure sono valide, varie e danno un’ottimo input per iniziare a sviluppare proprie storie.
In breve, perchè mi è piaciuto così tanto? Perchè è un gioco semplice e duro, fatto con eleganza e simpatia. E io non resisto a chi ha umorismo, eleganza e fa qualcosa di coerente e omogeneo con così grande attenzione ai dettagli.
Continuate a seguirci per essere sempre informati su giochi come 17th Century Minimalist!
Dame e messeri, dai creatori di Uno Sguardo nel Buio sta per giungere in anteprima il primo numero del Messaggero di Aventuria! A dir la verità si tratta del numero 173, ma ci arriveremo. Facciamo qualche passo indietro e partiamo dall’inizio, che per noi vuol dire dicembre 2019. In quel mese infatti La Compagnia delle Dodici Gemme ha lanciato il Kickstarter per riportare in Italia l’ultima edizione del celebre gioco di ruolo fantasy tedesco Da Schwarze Auge, conosciuto in italia come Uno Sguardo Nel Buio. No Dice Unrolled ne ha dato notizia quattro giorni dopo l’inizio della campagna e l’ha seguita, anche attraverso un’intervista, fino al positivo epilogo della raccolta fondi.
Nell’interessarmi a questo gioco di ruolo ho scoperto una bellissima storia fatta di sogni, passioni e di un racconto vivo che porta avanti un’eredità di decenni di narrazioni di fan e di autori. Ho provato a scriverne un resoconto per condividere la magia del continente di Aventuria, che ha visto riunire tutti i giocatori con una trama fatta anche delle loro stesse gesta. Questa storia ufficiale è sempre stata raccontata dal Messaggero di Aventuria. Ecco perchè ora, agli esordi del ritorno di questo gioco di ruoloin Italia, il primo nuovo numero del Messaggero di Aventuria è il 173, che porta con sè altri 172 gazzettini carichi di eventi e significati.
Grazie agli autori di Uno Sguardo nel Buio possiamo darvene un’anteprima! Cos’è successo ultimamente in Aventuria?
Sfogliando in anteprima il Messaggero di Aventuria
Ammetto che è la prima volta che mi trovo a leggere un Messaggero di Aventuria e sono un po’ emozionato se penso a tutto quello che c’é dietro. Mi sento un po’ come un bambino che sfoglia per la prima volta un manuale di un’ambientazione e gli si apre letteralmente un mondo davanti agli occhi.
Il giornale si compone di quattro pagine dense di notizie di ogni tipo. Si parte dalla situazione politica, con il resoconto di una possibile spaccatura interna tra le popolazioni del deserto del Khomù. Si va poi a discutere della possibilità che la Banca delle Terre del Nord apra una filiale sulle Isole dei Risso. L’articolo va a spiegare quali personalità politiche ed economiche stiano confluendo in tali luoghi ipotizzandone i motivi che li abbiano spinti al viaggio. Vi è poi la notizia che si è svolto un “Simposio panderico di magia contemporanea e scienze teoriche e applicate” circa l’utilizzo del legno di un’arca demoniaca ormeggiata al porto di Mendena.
Le notizie si susseguono interessanti e variopinte. La nascita, sensazionale e senza precedenti, di due gemelline naniche o la spillatura della prima birra Chiara di Prem. Oppure la notizia che uno spirito montano ha liberato due orsi a Casteldalno. Concludono il Messaggero una serie di notizie regionali minori e una piccola rubrica di cucina che propone una vera e propria ricetta.
Altri contenuti e un’importante anteprima di Uno Sguardo nel Buio!
Non è finita qua! Il Messaggero di Aventuria propone ancora una pagina, sottotitolata “Informazioni per il Narratore”, che riprende le principali notizie e ne svela alcuni retroscena, facilitandone la comprensione.
La copertina tedesca dell’avventura “Le Rovine di Arivor”
In più questo giornale include una pagina speciale. Essa tratta di un particolare evento fuori dal comune, ossia una catastrofe naturale (al momento ancora inspiegabile per i lettori del Messaggero) che si abbatte sulla città di Arivor. Possiamo dirvi in esclusiva che verrà descritto in dettaglio nell’avventura La Rovina di Arivor, pubblicata nei prossimi mesi. Sarà la prima avventura pienamente innestata nella storia viva del continente, il meccanismo grazie al quale i giocatori potranno vivere (o rivivere) eventi che mutano profondamente l’aspetto ed i rapporti di potere dell’ambientazione.
Si tratterà di una specie di survival sandbox. Gli eroi dovranno principalmente cercare di salvarsi la pelle, aiutare gli abitanti della città e affrontare vari scenari che ne metteranno alla prova le capacità ed il coraggio. Senza contare che, nella notte che segue la tragedia nuovi pericolosi sviluppi daranno il via a interessanti eventi per i giocatori… speriamo di potervene parlare presto fornendo maggiori dettagli!
Le mie impressioni sul Messaggero di Aventuria
La mia simpatica per questo giornale credo appaia ormai evidente. Ha una storia alle spalle che ha saputo conquistarmi. Ma indipendentemente da questo è stata una lettura molto piacevole. Molto spesso ho sfogliato più volte manuali di ambientazioni mentre preparavo avventure e campagne. Gli eventi e le situazioni erano sempre quelle. Certo, grazie al numero e alla varietà venivano fuori sempre storie nuove, però l’idea che il capitolo di quella città dicesse sempre le stesse cose era un po’ triste.
Pensare invece che ciò che ho letto stasera fa parte di una storia viva è entusiasmante. Ci sono quasi 200 giornali precedenti che hanno descritto eventi dinamici che hanno profondamente cambiato il continente di Aventuria e altri ne verranno. Non solo questo getta un’incredibile sensazione di realismo sull’ambientazione, ma anche la modalità con la quale le notizie vengono fornite, un giornale, rende l’atto stesso di leggerle un momento di gioco e interpretazione personali.
Per quanto riguarda i contenuti non conoscendo a fondo l’ambientazione non posso dare un giudizio pieno, le pagine trasudano di spunti e di idee e si leggono in un attimo, lasciando un grande senso di curiosità e un’enorme voglia di giocare.
Parlando di giocare allora spostiamo la nostra attenzione sul gioco vero e proprio.
Uno Sguardo nel Buio: anteprima del quickstart
Il quickstart è stato reso disponibile per il download fin dall’inizio della campagna Kickstarter. Noi di No Dice Unrolled abbiamo avuto il piacere di riceverne una copia fisica. Sono 24 pagine belle da vedere, impaginate in maniera chiare e moderna e ricche di contenuti. In così poco spazio infatti sono racchiuse moltissime informazioni.
La prima parte è una doverosa e chiara introduzione al gioco di ruolo. Quattro pagine di regole generali e di combattimento sono sufficienti per catapultasi nell’azione. Infatti le dieci pagine centrali sono occupate da una breve avventura “Gli Schiavisti della Foresta Imperiale” e dalle schede dei personaggi pregenerati. Queste ultime, pur essendo fatte per un quickstarter, sono molto attente alla storia e alla descrizione del personaggio. Si vede che Uno Sguardo nel Buio riserva un’attenzione particolare ai protagonisti e alle loro azioni e non si limita a tratteggiarli semplicemente per riempire le pagine.
Concludono l’opuscolo una sintesi delle terre di Aventuria, la mappa del mondo e la presentazione del progetto di La Compagnia delle 12 Gemme.
Cosa di evince dal quickstart?
Ci sono molte informazioni che possiamo trarre da questo breve libricino. Innanzitutto la qualità delle immagini e la loro impronta molto classica. Sono la versione moderna delle illustrazioni di trent’anni fa. Nessuno stile particolare, nessuna scelta controcorrente. Puro fantasy classico, ma di grande qualità attuale. Il manuale di 420 pagine così realizzato sarà veramente bello.
Secondariamente si scoprono alcune cose sul regolamento. Le abilità sono legate a tre attributi, per i quali vengono lanciati 3d20. I risultati ottenuti devono essere inferiori ai valori degli attributi. E’ possibile spendere dei punti per modificare questi risultati e superare così la prova. Più punti si avanzano, maggiore è il livello di qualità del successo della prova stessa.
Vengono presentati semplici principi del combattimento, di facile apprendimento e applicabilità. Stesso discorso per la magia, della quale vengono presentati quattro incantesimi. Conclude il breve capitolo delle regole la spiegazione dei Punti Fato.
Uno Sguardo nel Buio: considerazioni su ciò che è stato presentato in anteprima
La prossima volta che parleremo di Uno Sguardo nel Buio non sarà più un’anteprima ma finalmente il regolamento vero e proprio. Speriamo di potervene dare presto una recensione. Finora abbiamo sentimenti molto positivi verso questo gioco. La base editoriale tedesca è consolidata e garantisce grande qualità grafica, oltre che innumerevoli spunti. Il fatto che si tratti di una quinta edizione dà l’idea di un gioco che avrà limato i difetti e valorizzato gli aspetti positivi. La Compagnia delle Dodici Gemme, dal canto suo, ha svolto finora un ottimo lavoro di adattamento.
Quello che differenzia Uno Sguardo nel Buio da altre produzioni attuali è proprio la storia viva e il Messaggero di Aventuria.Si vedranno grandi risultati se anche in Italia i giocatori sapranno fare comunità, esaltarsi ed emozionarsi dinnanzi a un vero e proprio mondo parallelo dotato di evoluzioni politiche, sociali, scientifiche e magiche.
Il nostro consiglio per chi non conosce il gioco o non ha partecipato al Kickstarter è proprio quello di iniziare a seguire l’evoluzione della storia, magari attraverso il gruppo Facebook. Sono sicuro che a molti di voi, com’è successo a me, verrà un’incredibile voglia di giocarci.
Continuate a seguirci per essere sempre aggiornati su Uno Sguardo nel Buio!
Ho ricevuto il Volume I di Dungeon Craft e la sua espansione Hell & High Water da 1985 Games al fine di poter scrivere questa recensione.
Nel caso siate interessati ad acquistare questi prodotti vi segnalo che sono disponibili al prezzo di 30,00$ l’unosullo store ufficiale (solo in versione fisica). Se utilizzate il codice NoDiceUnrolled15 al momento del pagamento, otterrete uno sconto del 15% sul vostro ordine!
Uno dei dubbi più comuni quando si prepara una sessione di gioco di ruolo è come rappresentare graficamente i combattimenti (o certe parti di esplorazione intensa). Molti ricorrono a fogli plastificati su cui disegnare, altri si affidano ad una normale griglia su cui apporre le proprie miniature. In questa recensione vi voglio parlare dei prodotti Dungeon Craft, ovvero mappe modulari plastificate, scrivibili e coloratissime!
Cosa si trova all’interno della scatola
Vi assicuro che il piacere di tenere in mano e scoprire anche solo la scatola di questo prodotto è elevatissimo. Essa è infatti liscissima, robusta e accattivante. Sia la gestione degli spazi che la qualità delle illustrazioni sono sublimi; sembrano tratte da un manuale e uno di quelli belli! Sul retro è anche presente una comoda presentazione dei contenuti.
Aprendola troveremo il fulcro di questa recensione, ovvero i fogli plastificati di Dungeon Craft. Partiamo con il dire che ogni scatola ne comprende una cinquantina. Anche qua la qualità è davvero eccellente. Sono resistenti, bellissimi da vedere e da tenere in mano. Le illustrazioni sono dettagliate e accattivanti e sono oltretutto presenti su entrambe le facce dei fogli; questo permette di avere di fatto il doppio delle superfici. Bisogna solo fare attenzione a maneggiarli, poichè il materiale li rende molto scivolosi.
Per entrare nello specifico su di essi sono rappresentati elementi ambientali grandi, piccoli e varie creature, per un totale di più di mille elementi per scatola (tutti basati su un classico sistema quadrettato). Nel Volume I sono compresi ad esempio alberi, cespugli, accampamenti, corsi d’acqua, case, dungeon, pedine di umani, goblinoidi e alcune creature più grandi come i draghi. In Hell & High Water si trovano invece demoni, lava, tesori, pirati, navi, isole e altro ancora.
In entrambe le confezioni è anche presente un comodo foglio che spiega…
Come utilizzare Dungeon Craft
Prima di tutto la cosa meno divertente: ritagliare. Ogni elemento è da ritagliare seguendo linee tratteggiate. C’è di buono che questa operazione va eseguita una sola volta; in seguito le tessere rimangono ovviamente pronte all’uso. Basta avere una mano minimamente ferma e non ci sono problemi; il materiale non si rovina durante l’operazione, a meno di non avere la grazia di un barbaro in ira.
Poi arriva la parte divertente: creare il proprio mondo di gioco. Come vedete dalle immagini presenti in questa recensione, Dungeon Craft permette di creare combinazioni sempre diverse e utili a molte occasioni, donando al prodotto una grande versatilità. L’unica pecca è a mio avviso la mancanza di un tabellone quadrettato di base. Lo si potrebbe già possedere, in effetti, o addirittura si possono tranquillamente apporre sul tavolo; in ogni caso a volte avrei gradito avere una base sotto che potesse contenere tutti gli altri pezzi.
Infine si gioca! Si prendono le pedine 2D incluse nel contenuto da ritagliare e si creano le proprie avventure. In alternativa si possono utilizzare miniature standard o addirittura disegnare con pennarelli adeguati sulle tessere, in modo da poter prendere appunti utili o aggiungere dettagli. Va specificato che i pennarelli sono da acquistare altrove, non essendo compresi nel prodotto.
Quando la sessione finisce, tutto il materiale rientra senza alcun problema nella scatola, risultando anche facile da riporre e conservare.
Ultime considerazioni su Dungeon Craft
Delle tessere per comporre una mappa di gioco potrebbero non apparire come qualcosa di innovativo, ma questo non significa che non meritino attenzione… Anzi! Questa semplicità fa rima con funzionalità e con qualità, formando quindi un prodotto da tenere d’occhio. Se ci aggiungiamo anche la versatilià (sì, in questa recensione mi sento un po’ poeta delle rime banali), posso tranquillamente affermare di essere soddisfatto di Dungeon Craft.
Mi hanno anche colpito la cura e l’attenzione per i dettagli mostrate da 1985 Games. Un esempio? Alcune tessere rappresentanti dungeon possono essere ribaltate e sotto sono presenti le stesse zone ma con delle trappole attive; in questo modo un master può semplicemente ruotare queste sezioni quando gli avventurieri disarmano o periscono su questi pericoli. A fronte di questi particolari mi sento di dire anche che il prezzo è pienamente in linea con quanto offerto. Ora non ci resta che attendere nuovi set per comporre mondi sempre più variegati!
Se questa recensione vi ha incuriositi, continuate a seguirci per rimanere informati sui nuovi set di Dungeon Craft!
Ecco la testimonianza (attraverso PF2) di com’é giunto all’improvviso un pirata nella mia vita. Questa foto è di alcuni giorni fa, eppure le sono già estremamente affezionato. Per la maggior parte delle persone raffigura delle matite in fila, alcuni dadi e degli occhiali a cui è agganciato uno scarabocchio. I giocatori di ruolo sanno che non è così. I giocatori di ruolo sanno che dietro a ogni elemento c’è molto di più e che questa foto non è il ricordo di un momento, ma di un’intera storia.
Lasciate che ve la racconti.
La genesi di un pirata in PF2
Tra una serie e l’altra di Household, decidiamo di provare Pathfinder 2 (a proposito, promosso a pieni voti), convinti dall’entusiasta recensione di Andy, che fa da master. Due serate, due one-shot collegate dagli stessi personaggi e da alcuni elementi di trama. Le one-shot sono spesso l’occasione per lasciarsi andare a tentativi e sperimentazioni che magari non si intraprenderebbero in una campagna… E così è stato. E anche per prendersi qualche libertà.
Come quella di creare un gruppo composto da un halfling monaco con meno pazienza dei suoi centimetri d’altezza, uno gnomo druido con un dinosauro come compagno animale, un goblin barbaro che sente “voci” e un nano guerriero. Io ero il nano guerriero.
Come sarebbe a dire dove sta la sperimentazione nel nano guerriero? Innanzitutto per un master abituato a giocare le possibilità più astruse, il classico dei classici è comunque una sperimentazione. Dopodichè il mio nano guerriero di PF2era speciale, perchè oltre a pensare sempre a mangiare, voleva diventare un pirata. Ecco: all’improvviso, un pirata. Peccato fossimo in una pianura lontana anni luce dal più vicino specchio d’acqua navigabile. Ma la pirateria non è una professione, è uno stile di vita. E così viveva il nano pirata Barbagrigia, tra l’altro uno dei primi nani a essere il più alto del proprio gruppo.
Il contesto narrativo
Art Credit: Stefan Kopinski
Non sto qui a raccontarvi tutta la sessione (sebbene ne varrebbe anche la pena!) e balzo direttamente allo scontro finale.
Dovevamo fermare un meschino esattore delle tasse dall’arrivare nel villaggio e prelevare un prigioniero, importante invece per noi per portare avanti i nostri scopi.Sapevamo dove e quando sarebbe arrivato. Sentite la parola “imboscata” risuonarvi in testa? Perfetto, siamo sulla stessa lunghezza d’onda.
Ora, in una one shot del genere, l’imboscata poteva essere normale? Non direi. Ecco com’è stata progettata.
Come si presenta un pirata in PF2
L’esattore delle tasse Hubert (d20 rosso) e un suo braccio destro (d10 rosso), accompagnati da un arciere (d4 rosso) e due guardie (d6 rossi) hanno incontrato sul loro cammino un nano con l’ascia in mano, fermo davanti a una bandiera pirata raffigurante due ossa che compongono la lettera “L” e un teschio. Nella normalità della più classica delle pianure fantasy, all’improvviso un pirata. Nano. Ma non un nano qualunque.
Il capitano Barbagrigia della Ciurma della “L”. Non conoscete la Ciurma della “L”? Neanche la legge della “L”? Purtroppo da quelle parti nè noi nè quella legge erano molto conosciute. Peccato, altrimenti un gruppo dove l’altezza media è 72 centimetri avrebbe fatto una gran bella figura. Il nano presenta alla stranita compagnia il resto della ciurma. I tre d6 rosso scuri(oltretutto a tema Cthulhu… Vedete che il richiamo del mare era nell’aria?)sono un maiale, il Quartiermaialastro, una mucca, la Camuccambusiera e una gallina, la gallina mozzo. Perchè? Come mai una mucca, un maiale e una gallina? Perchè era una one-shot, ma soprattutto perchè sì.
Dietro la gomma/cespuglio sulla sinistra si intravedono l’halfling monaco e il goblin barbaro.
Questo è il giorno che voi tutti ricorderete come il giorno in cui avete quasi catturato Capitan Barbagrigia!
Art Credit: Colin Shulver
E’ ovviamente iniziato un combattimento, non aspettavamo altro. Al momento pattuito, quando gli uomini iniziavano a perdere la pazienza per l’evidente pagliacciata a cui dovevano assistere, Barbagrigia ha indicato dietro di loro urlando: “Attenti! C’è un dinosauro che vi carica!”.
Non ci sono cascati, ma il dinosauro c’era davvero. Nascosto in una piccola buca ai lati della strada, con un semplice incantesimo di Ingrandire, dalle retrovie ha iniziato a seminare il panico. Per il resto oggetti alchemici lanciati a raffica, sgambetti e asciate in corsa hanno completato il quadro.
Complici dei dadi piuttosto fortunati (il capitano Barbagrigia faticava a tirare meno di 15) il combattimento è finito con una disarmante vittoria. Il gruppo, poco avvezzo alle grandi somme di denaro ma piuttosto ai potenti morsi della fame, può così tornare al villaggio a riscuotere la ricompensa: una 24 ore di cibo.
Fine della storia, ma non delle emozioni
Art Credit: Vibhas Virwani
Ci sono i massimi sistemi, ci sono le eterne diatribe sulle sessioni zero, le regole zero, i comportamenti al tavolo, elenchi di pregi e difetti di elenchi di giochi seguiti da elenchi di commenti. Insomma a volte ci sono tante parole, talvolta importanti, talvolta inutili, e poco gioco.
E poi c’è questo. Una serata tra amici, una one-shot senza nessuna pretesa. Poi, all’improvviso, un pirata. Molte battute, qualche dado, troppe risate. Una parte di te in un altro mondo, in un altro tempo e un’altra parte assolutamente presente a sé stessa a godersi la consapevolezza che, grazie al nostro gioco, anche oggi é una bella giornata.
E una foto per ricordarmelo sempre.
Continuate a seguirci per altri racconti di PF2 inutili e melliflui di Merry Crystal!
Premetto di aver ricevuto dall’autore Diego Pisa una copia gratuita di Ghaulareth’s Vengeance a scopo valutativo per scrivere questa recensione. Nel caso siate interessati all’acquisto, troverete l’opera su DriveThruRPG ad un prezzo di 6,00$ per la sola copia digitale, 16,00$ per la sola copia fisica e 22,00$ per entrambe le versioni del prodotto.
Oggi vi parlo di un’avventura scritta dallo stesso autore de Il Lascito del Viandante; seguendo il medesimo spirito, si presenta con la formula del “system neutral”. Questa scelta ha aspetti positivi e negativi. Tra i primi sicuramente c’è la possibilità di sfruttare il prodotto con qualsiasi sistema di gioco. D’altronde però necessita anche di una maggiore applicazione da parte del narratore: le meccaniche e le statistiche sono inevitabilmente solamente generiche e vanno adattate in base al GdR scelto.
Inoltre al momento l’avventura è solo disponibile in lingua inglese ma l’autore ha già confermato che in futuro sarà anche tradotta in italiano.
Ora però vediamo cosa propone nello specifico!
Imbarchiamoci in questa avventura!
Come al solito preferisco non fare spoiler; posso però tranquillamente affermare che, come si evincerà da questa recensione, lo spirito dominante in Ghaulareth’s Vengeanceè quello piratesco. Tradimenti, avventure, azione e sentimenti… Le basi sono ottime! Si andranno a conoscere personaggi feriti da eventi ed entità a loro ben superiori e che per questo verranno irrimediabilmente corrotti. Si incontreranno personaggi originali e ben caratterizzati, in una storia scritta con passione e coinvolgimento.
Devo ammettere che non mi aspettavo un’organizzazione dei contenuti di questo tipo. Si alternano pagine dedicate a digressioni su personaggi, eventi passati e attuali. Sebbene all’inizio questo approccio mi abbia leggermente confuso, continuando a sfogliare il manuale ho trovato la soluzione. Dopo la metà del manuale è presente una praticissima guida su come gestire i contenuti; come leggere la mappa, come iniziare l’avventura, quali eventi portano avanti la trama e quali finali sono disponibili… Ora ha tutto un senso ben preciso! Poi la passione dell’autore traspare in ogni paragrafo ed è un piacere lasciarsi trasportare da queste sensazioni, sebbene a volte siano davvero molto enfatizzate.
In fondo al manuale sono presenti anche degli interessanti contenuti extra. Prima di tutto un elenco di oggetti magici unici a tema con quest’avventura; ben scritti e riutilizzabili anche in altri contesti. Inoltre è presente un indice tematico che riporta le pagine in cui si trovano determinati elementi di gioco.
Recensione del materiale fisico di Ghaulareth’s Vengeance
A proposito di pagine, Ghaulareth’s Vengeance ne conta circa 100 e ora questa recensione tratterà proprio la qualità fisica di queste ultime. Innanzitutto sono protette da una solida copertina; poi la qualità dei materiali è molto buona, in modo da valorizzare le illustrazioni. Esse sono davvero tante e il loro stile è molto peculiare. L’autore fonde infatti nelle sue opere il tradizionale fantasy con tratti tipicamente da anime. I colori sono vivissimi e pieni di energia. Il risultato è molto originale e ispirato, soprattutto se si apprezza il genere.
Tra di esse anche la mappa del mondo di gioco si ritaglia i suoi meriti, con lo sfondo color pergamena su cui pesanti tratti neri delineano le locazioni di gioco. Se devo essere sincero avrei gradito anche delle mappe specifiche delle varie zone in cui si svolgono gli eventi.
Per il resto il manuale risulta comodo da sfogliare e molto ben impaginato, grazie anche al layout su doppia colonna e ai font chiari e leggibili. Solo alcuni titoli sono leggermente più complicati da decifrare, ma nulla di tragico per la fruizione dell’opera.
Ultime considerazioni
Siamo giunti alla fine di questa recensione di Ghaulareth’s Vengeance ed è giunto il momento di tirare le somme.
A chi potrebbe interessare? A chi ama i pirati, l’avventura e le vicende umane. Ma in generale a chi ha voglia di prendere un’avventura completa (sebbene non lunghissima) e adattarla al suo sistema di gioco preferito. Il prezzo è anche molto onesto (specialmente nella versione digitale).
In conclusione posso dirmi soddisfatto di questo prodotto, che ritenga possa offrire interessanti emozioni a chi decide di affrontare questa avventura.
Se avete apprezzato questa recensione di Ghaulareth’s Vengeance, continuate a seguirci per rimanere informati su prodotti simili!
Ci è giunta in redazione una copia gratuita diPrima Avventura, un’avventura per D&D5e scritta da Leonardo Benucci e disponibile in formato digitale su DMSGuild al prezzo di circa 4,50€ nelle lingue italiano, inglese e spagnolo. E’ anche possibile ottenere il modulo per Fantasy Grounds al prezzo di circa 8€.
Prima Avventura è stata scritta per giocare una lunga one-shot oppure per due brevi sessioni di alcune ore. Narra la storia di un gruppo di ragazzini che vivono la loro prima avventura e, per una serie di circostanze, si ritrovano 17 anni dopo, ormai avventurieri capaci, per portare a termine ciò che hanno iniziato.
Dopo aver letto il materiale il mio giudizio su questo prodotto è dicotomico. Ci sono alcuni elementi che mi sono piaciuti molto, che funzionano e che dimostrano buone idee e sicuro entusiasmo. Purtroppo ci sono altri aspetti che non mi hanno convinto appieno. Pur non pregiudicando la possibilità di gustarsi l’avventura e le belle idee in essa, non si tratta di qualcosa su cui riesco a passare sopra a cuor leggero.
Quello che funziona di Prima Avventura: creatività e fotografia
Quest’avventura è molto cinematografica. E’ capace di far immergere con facilità nella storia e di far legare ai personaggi. Giocare dei bambini non è un’esperienza usuale per i giocatori di D&D e, grazie all’appendice Bambini come personaggiè possibile gustarsi un dungeon dal punto di vista dell’infanzia. Le situazioni sanno essere coinvolgenti, sia quelle d’azione che gli incontri, dove i dettagli sono capaci di suscitare emozioni semplici ma immediate. La presenza di regole apposite per alcuni momenti genera un senso di unicità che fa apprezzare il tutto. Anche il finale, che presenta anche una scena post credit, è cinematografico ed è in grado di donare maggior profondità alla lettura a posteriori delle azioni che sono state compiute.
Il nocciolo del prodotto, insomma, c’è. Man mano che leggevo le pagine nasceva in me il desiderio di farla provare e immaginavo le reazioni dei miei giocatori a determinati input della storia.
Quello che non funziona: alcune scelte poco felici
Premetto che queste considerazioni sono frutto della lettura della versione italiana. Ci sono molti tipi di lettori, per cui vorrei che fosse chiaro che questo giudizio è molto personale, ma ci sono aspetti che proprio non ho apprezzato leggendo Prima Avventura. In primis il problema dell’impaginazione, che tratterò meglio più avanti. In secondo luogo ho trovato la scrittura non piacevole sotto vari aspetti: non condivido molto alcune scelte stilistiche e di humor, avrei apprezzato un po’ più di attenzione nella stesura dei testo e prima della pubblicazione.
Per fare un esempio banale, alcune volte le abilità o le caratteristiche richieste per una prova sono indicate in maiuscolo, altre volte in minuscolo. E’ un dettaglio, ma è anche vero che basta una veloce rilettura per dare omogeneità e professionalità a un testo che, comunque, viene venduto al pubblico. La stessa mancanza di attenzione porta a scelte ortografiche e lessicali a volte un po’ povere.
Non ho particolarmente amato nemmeno alcune scelte stilistiche. Benchè l’intento fosse di facilitare l’interpretazione e favorire la comprensione di come si dovrebbe far esprimere un PNG, preferisco che mi si spieghi che un personaggio parla con un vocabolario intriso di vezzeggiativi e un po’ infantile, piuttosto che trovare scritte, peraltro in un immotivato maiuscolo, numerose parole come “puzzonottere”, “urgenzurgenzosa” o “lìlìlìpropriolìgiùdilì”. Parlerò più avanti anche della scelta dello humor.
In conclusione la mia impressione è che ci sia una bella idea e un’efficace creatività dietro un’avventura che però è stata realizzata più come una trascrizione della propria “masterata” piuttosto che come un prodotto da diffondere in vendita a giocatori e master di diverse età, culture e approcci. Sicuramente molte persone con gusti differenti dal mio troveranno in ciò che io indico come difetti dei punti di pregio.
L’impaginazione, un problema risolvibile
Solitamente parlo della grafica e dell’impaginazione in un unico paragrafo. In questo caso ho dovuto separare i due aspetti valutativi perchè hanno valore opposto. Se, come vedremo, le illustrazioni sono la parte migliore di Prima Avventura, l’impaginazione lascia proprio a desiderare. Abbiamo la classica presenza delle due colonne classiche dei testi di Dungeons and Dragons. Però la prima cosa che salta all’occhio è l’assenza dell’allineamento giustificato. In un testo così stretto, in particolare nella lingua italiana ricca di parole lunghe, l’effetto visivo e la leggibilità risentono fortemente di questa scelta.
Le caselle di testo destinate alla lettura ai giocatori sono incorniciate orizzontalmente ma non verticalmente, mancando un po’ dello stacco con il prosieguo del testo. Al contrario le caselle di testo coi consigli al master sono incorniciate solo orizzontalmente. Soprattutto queste ultime sono inspiegabilmente realizzate con un font più piccolo. Oltre a essere esteticamente bruttino, è anche scomodo perchè rende la lettura poco agevole.
La sensazione finale è che si poteva fare meglio con poco. Non dovendo mandare il prodotto in stampa alcune pagine di più avrebbero permesso di impaginare meglio. Si tratta anche di un problema risolvibilissimo, poichè le revisioni per questo tipo di prodotto digitale sono facili da fare. Mi rendo anche conto che quelle che io vedo come problematiche di impaginazione possono essere dettagli neanche notati da altri lettori.
La grafica, il fiore all’occhiello di Prima Avventura
E’ invece con estremo piacere che parlo delle illustrazioni. Sono molto belle, assolutamente azzeccate e aiutano tantissimo a rendere piacevole e coinvolgente l’avventura. Sono per lo più in bianco e nero, ma non fanno assolutamente rimpiangere i colori. Ci sono dodici illustrazioni da consegnare ai giocatori veramente accattivanti e immersive. I ritratti dei personaggi, sia da bambini che da adulti, sono molto ben realizzati. C’è estrema somiglianza tra i personaggi nelle due età e dettagli di questi disegni arricchiscono le pagine dell’avventura. Anche la copertina, col suo omaggio al film Goonies, è simpatica e attratente.
Le schede dei personaggi sono ben realizzate, facili da navigare, leggere, gestire. Un ottimo punto di forza perchè si tratta di uno degli elementi fondamentali per far apprezzare appieno una one-shot a dei giocatori.
L’unico neo che posso individuare è che si poteva fare un lavoro un po’ più curato con le mappe, che fanno comunque ottimamente il loro lavoro.
Il target e lo humor
Non tutti ridiamo per le stesse cose. Quindi inserire della comicità in un prodotto comporta ovviamente il rischio che ci possano essere persone che non la apprezzano. Io, per quanto riguarda Prima Avventura, sono tra questi. Sono il primo che scherza al tavolo da gioco, anche con battute talmente tristi che vengo preso a spadate (reali, ma di piatto) o divengo bersaglio di lanci aggressivi di gomme [storie vere]. Però dovessi scrivere un prodotto non inserirei quel tipo di comicità, personale e situazionale, all’interno del testo ufficiale.
E così ammetto di non aver riso nel leggere in una scheda, per esempio, “la tua giara magica è un barattolo dove hai scureggiato dentro almeno 100 volte. E’ la tua arma segreta definitiva”. Apprezzo, sinceramente, il tentativo di fornire un espediente di salvataggio in chiave infantile. Così come ho già spiegato sopra di non aver apprezzato la trascrizione precisa dello stile “puccioso” con cui alcuni PNG si esprimono.
Questa difficoltà nel comprendere il registro mi ha anche portato ad avere un dubbio. Ma qual è il target di giocatori di questa avventura? Se sono giocatori adulti, ci sono elementi un po’ infantili e burloni che stonano un po’ a un trentenne al tavolo da gioco. Se invece l’avventura è stata scritta per bambini, allora avrei evitato di descrivere il monaco come “sono troppo innamorato di vino, birra e altri intossicanti”, per esempio. Anche questa volta mi rendo conto che parliamo di dettagli e di gusti, ma che ci voleva anche poco a creare un registro omogeneo.
Un ultimo pensiero su Prima Avventura
Cercando di tirare le somme mi rendo conto che lo spazio nell’articolo dedicato a trovare difetti in questo prodotto è di gran lunga maggiore delle parole spese a lodarlo. Questo vuol dire che la mia valutazione sul prodotto è gravemente insufficiente? Assolutamente no! Semplicemente quando si critica si spendono sempre un maggior numero di parole per potersi spiegare bene ed evitare di essere fraintesi. Il mio giudizio finale resta comunque positivo, pur con riserve.
A prescindere dal mio gusto personale Prima Avventura è un prodotto con delle immagini bellissime che racconta una storia molto piacevole e avvincente, ricca di situazioni e descrizioni fantasiose e intriganti. Questo è il nocciolo della valutazione. I giocatori al tavolo sicuramente vivranno una bella avventura e rimarranno soddisfatti e divertiti.
Le mie riserve sono solo per il master, che si trova un prodotto che poteva essere impaginato meglio, scritto con più attenzione e che potrebbe avere un registro non proprio nelle corde di chi legge. Sono però tutti difetti aggirabili. Una volta letta e studiata l’avventura, il master può farla sua ed è libero di proporla nella maniera a lui più congeniale. Ma la qualità del prodotto e le sue potenzialità narrative rimangono intatte.
Continuate a seguirci per leggere altre recensioni di avventure come Prima Avventura !
Ho recentemente scritto una recensione sul manuale base di Four Against Darkness, che vi invito ad andare a leggere prima di proseguire questo articolo, in particolare se non sapete esattamente che tipo di prodotto sia.
Per i più pigri vi faccio un riassuntino: Four Against Darkness è un gioco di esplorazione dungeon, solitario o cooperativo, basato sulla generazione casuale di mappa, incontri e situazioni e sull’estrema velocità di preparazione e semplicità di utilizzo.
In questa recensione vi darò una breve carrellata degli altri prodotti che Ganesha Games, il sito che si occupa della vendita online di Four Against Darkness, ci ha gentilmente inviato a scopo valutativo.
Tratti comuni ai volumi di Four Against Darkness
I prodotti sono in formato digitale, pertanto non mi è possibile dare un giudizio sui materiali. A parte un paio di avventure di trenta pagine scarse, gli altri manuali sono composti da circa 75 pagine. Le illustrazioni, copertine a parte, sono in bianco e nero. Lo stile è semplice, quasi amatoriale, come i disegni che un (talentuoso) giocatore di ruolo può fare durante una sessione. Hanno però un sapore old school che aiuta a conferire il giusto approccio. Sanno di gioco, sanno di semplicità e di adolescenza nerd.
L’impaginazione è a due colonne, il testo chiaro e le tabelle molto facili da leggere. Si tratta di qualcosa di semplice ma di efficace. Non è un prodotto, nè nei costi nè nei contenuti, che vuole attrarre il lettore per ricercatezza o impatto visivo. Si vede che è stato concepito per essere piacevole, immediato e facile da usare.
Supplemento: Contro l’Abisso
Iniziamo con un’espansione che va a proseguire idealmente il manuale base. Contro l’Abisso infatti è l’insieme di regole e opzioni per espandere il gioco e far salire i propri avventurieri fino al nono livello. Anche il dado si evolve da d6 a d8 (ed esplode con 7 o 8, quindi volano mazzate!). Si parte dalla generazione causale del dungeon di Four Against Darkness ma ciò che vi si trova all’interno è determinato da nuove tabelle.
L’esperienza di gioco è più mortale, c’è anche una sadica meccanica di tiro salvezza contro morte immediata. Sono stati aggiunti i leader alla guida dei mostri seguaci, sei nuovi incantesimi, oltre 40 abilità avanzate specifiche per determinate classi. Sono stati aggiunti gli alleati, divisi in mercenari e artigiani, nuovi segreti e svariate altre regole opzionali, come l’addestramento, la trama per la campagna o la follia.
Per chi si è divertito con Four Against Darkness ma sente di aver un po’ esaurito i possibili contenuti esplorabili, troverà in Contro l’Abissotanti nuovi elementi per approfondire e rinnovare le sue partite.
Lunghezza: 74 pagine. Prezzo per il formato digitale: 8€.
Supplemento: Labirinti Silvani
Labirinti Silvani è stato pensato per avventurieri di quarto livello. E’ stato scritto per aggiungere la sfaccettatura naturalistica alla serie, con nuove tabelle specifiche di mostri, tesori e oggetti magici. Ma sono presenti anche nuove regole, come i mostri volanti, le razioni di cibo, la sottomissione e la cattura. Ci sono anche nuovi segreti, che qui prendono il nome di scoperte. Le novità sono molteplici anche dal punto di vista degli eroi. Tra le nuove opzioni percorribili vi sono il druido, l’elfo silvano e la possibilità di avere dei compagni animali.
Labirinti Silvani è una sorta di manuale di restyling per Four Against Darkness per creare storie, personaggi e situazioni legate all’immaginario fantasy naturalistico e silvano. Al fondo del manuale è anche presente L’Unicorno Nero, un esempio di incontro veloce, un formato di gioco più breve rispetto all’esplorazione per consentire una partita di durata tra 15 minuti e un’ora.
Lunghezza: 74 pagine. Prezzo per il formato digitale: 8€.
Avventura: I Cristalli Viola
I Cristalli Viola è un’avventura introduttiva a Four Against Darkness, completabile in circa un’ora, che serve a far prendere confidenza con le regole del gioco. Essendo uno scenario già pronto, il giocatore non necessita di generare casualmente le stanze coi loro contenuti, ma deve solo muoversi tra esse secondo i paragrafi numerati corrispondenti in una sorta di forma avanzata di librogame.
L’avventura è semplice, col giusto gusto retrò. Seguendo i paragrafi sarà possibile familiarizzare con molte regole del gioco ed eventualmente anche passare di livello. Sono già presenti otto personaggi pregenerati sia nella versione di primo che di secondo livello.
I Cristalli Viola fa tutto quello che ci si aspetta da un’avventura introduttiva. Qualche pennellata di storia dà l’avvio alla scoperta del mondo di Four Against Darkness con una curva di apprendimento dolce. Il fatto che sia gratuita sul sito di Ganesha Games la rende un’occasione da non perdere per imparare a giocare!
Lunghezza: 26 pagine. Prezzo per il formato digitale: gratis!
Avventura: Caverne degli Schiavisti Coboldi
Caverne degli Schiavisti Coboldi è un’avventura per personaggi di livello 1 o 2 divisa in tre parti della durata di un paio d’ore. Inizia con un dungeon pregenerato, per proseguire invece con uno da generare casualmente e termina con una battaglia decisiva.
Sembra una naturale continuazione ludica dell’avventura precedente. Il giocatore passa dallo scenario pregenerato a costruirsi la mappa, imparando così una delle basi fondamentali del gioco. Scopre come può essere vario Four Against Darkness e che non si tratta solo di ripulire delle stanze combattendo mostri ma è possibile adattare il gioco per creare situazioni interessanti, anche narrativamente.
Lunghezza: 26 pagine. Prezzo per il formato digitale: 4,5€.
Avventura: Acque Oscure e altre avventure
Acque Oscure è un’avventura in due capitoli della durata di un paio d’ore, divisa in un dungeon pregenerato e uno generato casualmente. Ha un’ambientazione piratesca con tutta una serie di tabelle di trappole, mostri, tesori ed eventi acquatici. In linea con questo setting viene anche presentata una nuova classe, lo spadaccino. Le “altre avventure” citate nel titolo sono in realtà solo una: I Tre Anelli, avventura per personaggi di livello 3-4 che descrive la caccia a dei predoni orchi.
Il manuale offre due avventure corpose, per una durata totale di gioco probabilmente superiore alle tre ore. Entrambe hanno i loro aspetti peculiari, che le rendono diverse da una normale partita generata casualmente con solo il manuale base di Four Against Darkness.
Lunghezza: 74 pagine. Prezzo per il formato digitale: 8€.
Supplemento: Orrori dall’Aldilà
Orrori dall’Aldilà è una campagna per personaggi di livello 6-9 ambientata nell’Aldilà. Non è classificabile come una semplice avventura ma come un vero e proprio supplemento per l’abbondante presenza di nuovi contenuti.
Innanzitutto regole specifiche per ambientare le proprie avventure nell’Aldilà, quindi i problemi legati al cibo, alla salute mentale e al relazionarsi con le anime. Poi sono state introdotte nuove classi, tra cui il demonologo e il cambione, con sei nuovi incantesimi propri.
Ovviamente l’Aldilà non è un dungeon, quindi ci sono regole per la creazione del territorio, che è suddiviso in esagoni, ognuno dei quali è caratterizzato da uno di 10 possibili tipi di terreno. Il resto del manuale è un susseguirsi di personalizzazioni degli elementi propri di Four Against Darkness, quindi nuovi mostri, scoperte, luoghi, eventi, relazioni e così via.
Orrori dall’Aldilà è la dimostrazione di quanto possa essere vario Four Against Darkness. Non è un gioco di ruolo classico e non pretende di esserlo, ma ha veramente un suo valore intrinseco che gli permette di elevarsi dal semplice gioco solitario ripetitivo.
Lunghezza: 74 pagine. Prezzo per il formato digitale: 8€.
Avventura: Il Cavaliere del Destino
A proposito di varietà, dulcis in fundo arriva l’ultimo prodotto, edito da pochi giorni. Si tratta dell’avventura Il Cavaliere del Destino, ovvero un’avventura per un cavaliere errante di 3° livello alla ricerca del sacro Graal.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a un manuale ricco di nuovi contenuti, che permette di adattare le basi di Four Against Darkness a un’ambientazione completamente diversa. Partiamo dalla classe del cavaliere errante, con le proprie abilità avanzate. Egli potrà assoldare fino a sei mercenari per assisterlo nella sua impresa. Si tratta di un’avventura all’aperto, perciò avremo locande e incontri al posto di corridoi e dungeon.
Come tipico della narrativa arturiana il cavaliere compirà un viaggio, che lo porterà a scontrarsi contro cavalieri traditori, superare sfide, accumulare punti devozione ed ascoltare dicerie per poter arrivare al Graal prima che Morgana e Mordred guidino la ribellione contro Artù.
Per facilitare l’immersione in un gioco un po’ diverso il manuale presenta un esempio di (parte di) partita. Inoltre termina presentando una variante per l’utilizzo delle carte da gioco a posto dei dadi. Attraverso le carte, che sono composte da un numero definito di cifre e figure, il flusso e il tempo di gioco risultano più controllabili e meno dipendenti dalla casualità totale dei dadi.
Il Cavaliere del Destino perde la possibilità del gioco cooperativo, ma dona al giocatore in solitario nuove sfide e nuove situazioni che possono certamente attirarlo per più di una partita.
Lunghezza: 58 pagine. Prezzo per il formato digitale: 6,5€.
L’attuale offerta editoriale italiana di Four Against Darkness
Four Against Darkness va provato e scoperto. E’ un gioco con una identità ben precisa e dei punti di forza importanti. Non è da tutti offrire una versione veloce e immediata di gioco di ruolo alla vecchia maniera. A esser precisi non è un gioco di ruolo vero è proprio ma fa il suo lavoro: permette di trascorrere il tempo in allegria persi in corridoi infestati da mostri o lande in pericolo.
Non era scontato trovare una chiave per ampliare l’offerta ludica. Invece è stato fatto con buon senso e fantasia. Ci sono situazioni molto varie, contenuti aggiuntivi equilibrati e innovativi. Per gli appassionati del gioco il materiale finora presentato può veramente offrire molto e in futuro difficilmente mancherà la fantasia di produrne ancora di più.
Continuate a seguirci per essere sempre informati sulle uscite editoriali della linea Four Against Darkness !
Certe tematiche e certe polemiche hanno la peculiare caratteristica di espandersi in maniera capillare, proprio come è successo con il precario equilibrio tra razzismo e politically correct nel mondo dei GdR. Ormai è da alcune settimane che si sta dibattendo su cosa sia troppo e cosa invece faccia parte della libertà di espressione; cosa superi l’offesa e cosa invece sia un parere espresso in maniera legittima. Mi sono preso un po’ di tempo per rifletterci, ma penso che sia giunta l’ora di esternare il mio punto di vista.
Prima però una piccola contestualizzazione. La questione si è inasprita dopo un evento gravissimo, ovvero il triste (e sbagliatissimo) destino toccato a George Floyd. Ovviamente non approfondirò l’argomento, qua si parla di giochi di ruolo e affini. In ogni caso mi sento in dovere di specificare che ritengo quel fatto gravissimo e che vada soppesato in maniera totalmente diversa rispetto a quanto analizzerò in questo articolo.
In ogni caso è evidente che la questione abbia sollevato varie riflessioni e questo è certamente un bene. Non dico che sia d’accordo con tutte (e in seguito capirete il motivo), ma anche solo il fatto che abbiano fermato la community e l’abbiano fatta pensare è una vittoria.
GdR, film, videogiochi: il confine tra razzismo e politically correct
Questi effetti hanno dei casi emblematici in vari settori, oltre che tra gli opinionisti. Nel cinema avrete sicuramente sentito il caso di Via col Vento. Nell’universo videoludico potreste aver sentito le polemiche attorno a Little Devil Inside. Per quanto riguarda i GdR, invece, le tematiche del politically correct e del razzismo hanno riguardato da vicino D&D5e.
Ma soffermiamoci su cosa ci compete, ovvero su questo ultimo punto. Wizards of the Coast ha deciso di scusarsi per l’iniziale approccio nei confronti degli orchi (e dei drow) e di riservare loro una maggiore profondità. Finora la loro natura all’interno di questo universo narrativo è sempre stata crudele e spietata, essendo loro irrimediabili progenie del male. Questo è necessariamente un problema? Dipende. Se si vuole rimanere fedeli alla tradizione assolutamente no, il gioco di ruolo tende a creare degli stereotipi e a formare un concetto di “male” tangibile. D’altro canto ci si potrebbe chiedere perchè sempre loro? La loro origine li ha corrotti e reso cosa sono, ma questo non può essere stucchevole?
Fornire una risposta di getto sarebbe controproducente, meglio spezzare la questione in fattori e affrontarli singolarmente. In questo modo il ragionamento si evolve su più assi.
L’asse del tempo
Prima di tutto va notato che quando queste concezioni di creature sono nate, l’epoca era un’altra e la sensibilità anche. La società per fortuna si è evoluta e questo ha creato una frattura nei confronti di opere che, per decenni, hanno rifiutato di volersi evolvere. Questo significa che il GdR era pregno di razzismo e l’attuale politically correct lo stia redimendo? Assolutamente no. La tradizione di certi universi ha ragione di essere rispettata, ma non deve diventare una regola. Mettere degli elfi di colore nella serie The Witcher al solo scopo di apparire corretti può stonare, poichè va contro le leggi che governano quel mondo e non può far altro che apparire come una forzatura.
Allo stesso modo sarebbe trovo triste vedere che in ogni universo narrativo fantasy le razze classiche abbiano all’incirca le stesse caratteristiche: elfi raffinati e altezzosi, nani bonaccioni o scorbutici e orchi violenti. All’inizio perchè non era considerato razzismo? Non è perchè ora siamo troppo critici, ma piuttosto perchè al tempo quella era una novità. Creare un mondo come la Terra di Mezzo di Tolkien in cui gli orchi sono creati come creature intrise di male non è affatto scorretto. Mantenere le stesse caratteristiche in qualsiasi altra opera fantasy per quarant’anni invece può esserlo.
Il tempo quindi ha un ruolo importante in questa analisi. Un mondo nato con certe leggi è giusto che possa mantenerle senza essere additato come razzista, ma allo stesso tempo deve sempre sentirsi libero di evolversi nel caso lo ritenga necessario.
L’asse della circostanza
Questo è forse l’aspetto meno ideologico e più pratico. Noi parliamo da fruitori di contenuti, ma bisogna considerare che quelle opere sono il mezzo di sostentamento degli addetti ai lavori. Come si fa a biasimare chi decide di reinterpretare in chiave più moderna la propria opera per fare in modo che questa continui a essere apprezzata e acquistata? Una simile scelta non andrebbe vista come un “vendersi”, ma piuttosto come un cercare di andare incontro alle richieste della società invece di fare gli integralisti e vedere la propria opera morire lentamente. Poi ovviamente questo discorso è molto più pertinente alle opere “giovani”, poichè quelle più datate è probabile che abbiano un bacino d’utenza stabile.
E non dimentichiamo un fattore: l’ultima parola spetta all’autore, non alla critica. La gente può essere più o meno d’accordo con un’eventuale smussatura di certi aspetti e può di conseguenza scegliere se interessarsi o meno al prodotto. Ma dovrebbe sempre essere l’autore a dare l’ultima parola sul lavoro che sta creando. E sebbene possa sembrare banale, negli ultimi anni non sempre è stato così.
In altre parole dovremmo sempre cercare di analizzare le scelte in relazione alla società e non come concetti astratti e slegati da ogni logica. Il gioco di ruolo spesso rappresenta una via di fuga o una versione alternativa della realtà in cui viviamo; non tenere in considerazione quest’ultima sarebbe un errore di valutazione.
L’asse della finalità
Un altro aspetto determinante è il fine che si vuole dare ad un’opera. Nel caso si voglia continuare una tradizione, ho già espresso il mio parere a riguardo. Ma non sempre è così: per comprenderlo a pieno dobbiamo provare a metterci nei panni di chi non è nella nostra situazione.
A molti potrà sembrare quasi assurdo legare i GdR ai discorsi sul razzismo e sul politically correct, ma non lo è. Molti di noi conosco il settore da anni o hanno addirittura assistito alla sua nascita, ma non per tutti è così. Proviamo a immaginare come sia per un ragazzino inserirsi in un mondo in cui il razzismo dilaga ed è la normalità per tutti. Un giovane che non ha modo, tempo e/o voglia per recuperare decenni di opere e contestualizzazione. L’idea trasmessa potrebbe essere tranquillamente travisata. Ma come detto prima questo non significa eccedere con il politically correct: basta avere bene a mente quale sia il target di un’opera ed esplicitarlo.
Quindi come si trova un equilibrio nel discorso tra razzismo e politically correct nei GdR?
E questo forse è proprio ciò che servirebbe per porre fine a tutte queste diatribe: classificare. Rendere ben palese quale sia il pubblico adeguato per un determinato gioco di ruolo. Come sempre l’equilibrio potrebbe essere la soluzione corretta; troppe restrizioni o troppo menefreghismo potrebbero essere dannosi in egual misura. Porre questi limiti permetterebbe a tutti di fruire di un prodotto adatto a sè, senza turbare i partecipanti nè limitare chi desidera contenuti più spinti.
In questo modo durante la sessione 0 di una campagna si può scegliere un approccio che aggrada tutti i partecipanti, ben consci di cosa proponga un determinato prodotto. L’importanza di questa circostanza si nota anche sotto altri aspetti, non solo quello del razzismo; in sessione 0 si possono anche escludere tutte quelle altre tematiche che potrebbero rovinare l’eperienza di gioco di alcuni partecipanti.
In ogni caso questo discorso si riaggancia ad uno più ampio, che merita di essere citato.
I tabù: come gestirli in maniera efficace
L’idea di oscurare un argomento per evitare che diventi un problema è sbagliata. Se si tratta di motivi specifici o traumi personali è un conto, ma adottare questa mentalità in maniera trasversale è principalmente un danno. Non voler trattare argomenti perchè “brutti” o pesanti non aiuta a sensibilizzare. Molto meglio viverli (in gioco) e farsi un’idea di quanto siano sbagliati, in modo da imparare a non tollerarli nemmeno nella realtà.
Negare l’esistenza di questi orrori non li fa riconoscere come tali e toglie ogni possibile sfogo a riguardo. E se il discorso dovesse allargarsi seriamente ad altri ambiti, la situazione peggiorerebbe ancora. Eccedere nel politically correct per combattere il razzismo e altri mali, rischierebbe di togliere troppo valore ai GdR e agli altri metodi di intrattenimento. Provate a pensare se il discorso fosse esteso a libri, film, serie TV,… Niente più drammi personali conseguenti a tragedie, niente più horror, niente più opere “pesanti”… No, per me questo (seppur esagerato) non è un panorama auspicabile. E il discorso “nei GdR c’è più immersione” non regge: una mente vulnerabile si fa influenzare da qualsiasi fonte.
Per concludere ribadisco che a mio avviso risulta molto più utile non cadere nell’eccessivo proibizionismo, ma limitarsi a criticare il cattivo gusto; in questo modo si lascia autorialità ai creatori di contenuti e la responsabilità di cosa affrontare spetta al singolo. Trasparenza, apertura mentale e maturità, ecco cosa serve.
Continuate a seguirci per sapere il nostro punto di vista su argomenti spinosi come il razzismo e il politically correct nei GdR!
Oggi parliamo di Four Against Darkness, un gioco di esplorazione di dungeon in solitario o cooperativo. Creato dal ternano Andrea Sfiligoi, prodotto dapprima in lingua inglese, giunge in italiano grazie a SKS Giochi in una versione riveduta e arricchita. Four Against Darkness è disponibile in versione digitale sul sito Ganesha Games a meno di 10€ oppure in versione cartacea a circa 16,90€ distribuito nei negozi di giochi in collaborazione con MS Edizioni.
Proprio da Ganesha Games ci è giunta una copia in PDF del manuale base a scopo valutativo. Quindi non perdiamo tempo e addentriamoci nell’oscurità!
Com’è nato Four Against Darkness
Possiamo raccontare la nascita di questo gioco direttamente con le parole del suo autore:
Four Against Darkness nasce dalla mia esigenza di giocare qualcosa di simile a un gioco di ruolo (senza dover dipendere dalla presenza di altri giocatori) e un libro-game (senza però passare ore a leggere, ma sottolineando la parte “gioco”). Il gioco doveva essere semplice dal punto di vista matematico, altamente randomico e giocabile senza l’ausilio di plance, carte o altri ammennicoli. Il tutto andava condito con una buona spruzzata di nostalgia, perché sono conscio che il giocatore medio di oggi è un uomo di mezz’età che ricorda con piacere i suoi anni giovanili…
Andrea Sfiligoi, dalla sua intervista per il sito “Giochetti e Sfizietti”
Il classico non passa mai di moda
In Four Against Darkness il giocatore gestisce un gruppo di quattro esploratori (3 a testa nella versione cooperativa). Gli eroi sono creati a partire da 8 classi, tre delle quali sono classi razziali (l’elfo, il mezzuomo e il nano), nostalgiche citazioni di giochi che furono. Le schede sono elementari, in un A4 c’è spazio per l’intero gruppo e le classi sono semplici e classiche versioni dei personaggi a cui tutti siamo abituati. La creazione del personaggio dura il tempo di percorrere qualche gradino e aprire la prima porta del dungeon.
Stesso discorso di semplicità e classicismo lo ritroviamo negli incantesimi. Sono solo sei: benedizione, fuga, fulmine magico, palla di fuoco, protezione, sonno. Di cos’altro vorrete mai avere bisogno? Così anche l’equipaggiamento è basilare e armi e armature sono solo elencate per tipologia.
Nel gioco si deve esplorare un dungeon popolato di mostri, cosparso di trappole, porte segrete, indizi e tesori. Leggendo il manuale mi è veramente arrivata un’ondata di nostalgia. Io adolescente, insieme ai miei amici, in tavernetta a esplorare dungeon ogni sabato pomeriggio senza desiderare altro dalla vita.
Four Against Darkness ha una natura rapida ed esplosiva, fatta di 6 che esplodono e di 1 che significano fallimento automatico senza mezzi termini. Un vero Old School che fa pochi sconti, insomma. D’altronde Andrea Sfiligoi inserisce tra le fonti di ispirazione la prima edizione di D&D, Tunnel & Trolls e la serie di librogame Fighting Fantasy, roba da storia del gioco di ruolo.
Four Agains Darkness nel dettaglio
Con due dadi a 6 facce si fa tutto, quantomeno per il gioco base. Poi, col crescere dei personaggi e attraverso i supplementi pubblicati, si arriverà a dadi con più facce per sottolineare la crescita degli eroi. L’azione è sempre in mano ai protagonisti che tirano sia in attacco che in difesa contro valori fissi.
E il dungeon? Lo decidono i dadi e lo si disegna man mano! Ci sono 6 stanze iniziali e 36 possibili ulteriori sviluppi, decisi con il lancio di 2d6. Le si può ruotare o modificare leggermente per collegarle bene alla mappa già disegnata, dopodiché si guarda cosa c’è dentro. Attraverso la stessa casualità è possibile popolare le stanze, trovare porte segrete o trappole e rendere vivo e unico il luogo che si sta esplorando attraverso oggetti, caratteristiche o eventi.
I mostri possono essere stanziali oppure erranti per il dungeon. Si dividono in minori, maggiori e nel boss finale. Le regole del combattimento sono semplici, ma grazie ai dadi il comportamento di chi o cosa si incontra potrà essere molto diverso. Perciò non è solo disegnare una mappina e tirare dadi finchè non muoiono i personaggi o il mostro, c’è molto di più.
I personaggi, a furia di superare ostacoli, possono ottenere un tiro per provare a passare di livello. L’edizione base di Four Against Darkness prevede che si possa arrivare fino al quinto livello. Per chi vuole di più ci sono i mostri diabolici con le loro varianti o Quattro Contro l’Abisso, uno dei supplementi, che permette di giocare con personaggi dal quinto al nono livello.
Four Against Darkness: sempre e dovunque!
Four Against Darkness è stato essenzialmente progettato per essere giocato in solitario, ma è possibile anche cimentarsi in una modalità competitiva per due giocatori oppure una modalità cooperativa per divertirsi in compagnia. Il materiale necessario è davvero minimo: una matita, due dadi a sei facce e un foglio di carta quadrettata. Miniature e altri orpelli possono aiutare ma non sono assolutamente necessari.
Se si aggiunge che il tempo di preparazione è quasi nullo, che una partita dura quanto si vuole e che l’alta randomizzazione lo rende facilmente rigiocabile, viene da sè che stiamo parlando di un gioco che può veramente essere sfruttato in quasi qualsiasi luogo e in ogni momento disponibile.
Si può giocare a tempo, si può giocare per sconfiggere il mostro finale, oppure puntare anche ad uscire vivi dopo aver fatto ciò. Ci sono regole per riposare, per salvare i personaggi pietrificati, per l’ordine di marcia, per il bottino. Tutto quello che può essere oggetto di gioco in maniera semplice e pratica è stato preso in considerazione e reso in maniera tale da poterne godere senza bisogno di troppe regole o preparazione.
L’estrema semplicità e il numero esiguo di alcune scelte non devono far pensare a un gioco poco longevo che sfocia nel ripetitivo. Le situazioni finiscono per essere sempre diverse, specialmente nella modalità cooperativa. Inoltre sono presenti un gran numero di supplementi che andremo a sviluppare nel dettaglio in un altro articolo.
Il prodotto digitale
Al momento possiamo solo dare una valutazione all’edizione digitale di Four Against Darkness. Il manuale è composto da 106 pagine in bianco e nero impaginate a doppia colonna. Il contenuto è semplice e la lettura scorrevole. Le immagini delle classi sono molto belle e dal tratto moderno, mentre il resto del prodotto presenta immagini più semplici, ottime per ricreare ancor di più la nostalgia per lo stile grafico dei primi giochi di ruolo.
Le tabelle sono grandi e facili da consultare, le classi e i mostri descritti in maniera sintetica e precisa. Così anche le mappe delle stanze casuali. Alla fine del manuale ci sono alcune pagine di riepilogo che permettono di avere sottomano lo scheletro principale del gioco. Forse essendoci un po’ di tabelle da consultare qua e là la versione fisica potrebbe essere più comoda.
Ovviamente un po’ di colore, una copertina più nitida e qualche malizia nell’impaginazione avrebbero dato un tocco più accattivante al manuale, ma probabilmente avrebbero influito su un prezzo che invece è molto accessibile, anche vista la longevità del prodotto.
Ultimi pensieri prima di affrontare l’oscurità
Four Against Darkness è un prodotto molto a fuoco. Offre con estrema chiarezza una finestra su un dungeon old school sempre diverso, permettendo di viverlo sia da soli che con amici. Le regole sono semplici da ricordare e da applicare e le tabelle casuali generano veramente molti dettagli, dando profondità all’esperienza in solitaria e fornendo anche appigli per ampliare la narrazione in un gioco di gruppo.
Il prezzo è molto interessante, in particolare se si pensa in quante situazioni si può decidere di prendere quattro eroi e condurli in un dungeon anche da soli, con poco tempo e in quasi qualunque ambiente. Inoltre sono presenti sul mercato molti supplementi, che No Dice Unrolled vi svelerà in seguito, con i quali è possibile ampliare e diversificare l’esperienza di gioco.
C’è poco altro da dire se non fare i complimenti ad Andrea Sfiligoi per aver avuto l’idea di creare un gioco che ha una sua collocazione ben precisa e poco esplorata da altri prodotti. E ringraziare SKS Giochi, MS Edizioni e Ganesha Games per permetterci di averlo in italiano, in modo da poterne godere in maniera ancora più facile e immediata.
Continuate a seguirci per essere informati sugli altri prodotti di Four Against Darkness !
Premetto di aver ricevuto una copia gratuita di Spire: La Città Deve Cadere da Isola Illyon Edizioni (che si è occupata della versione italiana di questo GdR) per poter scriverne la recensione.
Nel caso vi interessasse acquistare il prodotto, potete farlo sul loro store online al prezzo di 40€ (prezzo comprensivo di copia fisica e copia digitale) o di 20€ (solo in copia digitale). Vi segnaliamo che, se al momento del pagamento inserite il codice NODICEUNROLLED, non pagherete le spese di spedizione!
Se siete in cerca di qualcosa di leggero e gioioso fermatevi pure. Come potrete evincere da questa recensione, Spire: La Città Deve Cadere non fa per voi. Il mondo è cupo e crudele, quasi alla deriva dei valori morali. Si può suddividere in varie zone, ognuna esotica a modo suo e governata da una razza differente; Elfi Oscuri (Drow), Elfi Alti (Aelfir), Umani, Gnoll… Ognuno con le proprie tradizioni e la propria società. Ma questo GdR non si basa sull’esplorazione di terre selvagge, non ci farà incontrare strani mostri e non permette nemmeno di scegliere tra tutte le razze. Tutto quello che ci servirà sarà all’interno di un’unica città, Spire, ma fidatevi che non sentirete alcuna mancanza.
Spire: recensione di una città più profonda di molti mondi
Prendete alcuni elementi del dark fantasy classico (in primis Elfi Oscuri ed Elfi Alti), metteteli in un contesto urbano, “sporco” e scorretto; aggiungete elementi punk, intrighi e un fortissimo vento di rivolta. Da questo esotico e pericoloso mix nasce la città di Spire, fulcro delle storie che andrete a vivere e di questa recensione!
Com’è nata la città resta un mistero. Ci sono tante teorie a riguardo (una colossale creatura, un cimelio di un’antica civiltà, qualcosa di extra-dimensionale…), ma nessuna trova riscontro in testi o documenti di alcun tipo. Quello che invece è certo è la sua caratterizzazione, profonda e immersiva all’inverosimile. Il suo sviluppo è verticale, quasi anelasse il cielo. Nulla è banale, ogni sua parte ha nome, aspetto e funzione evocativi; qualche esempio? La Basilica del Sole, il Quartiere d’Avorio, i Giardini Sospesi… E più la esplorate e più vi rendete conto di conoscerla ancora poco!
L’idea è quella di un luogo vivo e pulsante, pieno di segreti e meandri conosciuti solo da coloro abbastanza scaltri da sopravvivere. Non ci sono certezze nè moralità, perfine il concetto di famiglia non rappresenta un riparo sicuro. La città cerca stabilità, ma non tutti gli abitanti sono d’accordo.
Gli abitanti sono la linfa (o il veleno) della città
La città pulsa di queste energie principalmente grazie alle due etnie che la abitano: gli Aelfir e i Drow. I primi rappresentano la luce, sono i più antichi e i più legati alle leggi. Forse proprio perchè sono loro stessi la legge. Governano Spire e trattano gli Elfi Oscuri come esseri inferiori, forse perchè li hanno generati attraverso una maledizione. I Drow crescono quindi nel risentimento verso gli Aelfir. Il loro nome rispecchia la loro natura tormentata, che non permette di tollerare la luce del sole. La loro vita nasce dalle difficoltà e questo li rafforza, tanto da indurli a ribellarsi e cercare di alzare la testa in questa giungla urbana. Ma attenzione: cambiare in maniera troppo evidente la situazione attira le attenzioni di qualcuno più potente… E questo spesso si conclude con una fine prematura dell’aspirante rivoluzionario.
E da qui nascono giochi di intrighi e alleanze, mai così vacillanti. Con questa recensione ci tengo a mettere in risalto il fatto che pochi titoli hanno saputo affrontare l’argomento con lo stesso interesse di Spire: La Città Deve Cadere. Ci sono meccaniche per descrivere i giochi di potere; il manuale stesso sottolinea l’importanza di riuscire ad avere le spalle coperte… Almeno fino ad un’offerta più allettante.
In tutto ciò non bisogna però perdere di vista il dualismo luce/ombra, ben presente anche nella fede. Alla religione ufficiale della Nostra Lucente Signora si contrappone la nuova e misteriosa Nostra Velata Signora. Alla magia ufficiale divina si oppone quella oscura, pericolosa e non autorizzata, sebbene libera. Ad esse si aggiungono anche altre strane figure soprannaturali, ma è difficile classificarle in un contesto simile.
Una cosa è certa: Spire: La Città Deve Cadereci permette solo di interpretare i Drow e questa recensione ora spiegherà il motivo.
I protagonisti della rivolta: gli oppressi
Sebbene la scelta di limitare i personaggi ai soli Elfi Oscuri possa sembrare una forzatura, osservare lo spirito del gioco abbatterà questo preconcetto. Questo GdR non potrebbe trasmettere la stessa rabbia e lo stesso senso di rivolta se non fosse riservato agli oppressi di Spire. Tutto ciò non rimane solo nell’interpretazione dei personaggi, ma ha un forte impatto nella fase di creazione del proprio alter ego ruolistico.
Il primo aspetto da determinare è infatti il Vincolo,ovvero in che modo dovesse servire la società degli Elfi Alti prima di ribellarsi. Le opzioni sono tante (Adepto, Assistente, Manovale, Guardia,…) e ognuna di esse fornisce vantaggi tecnici.
Subito dopo bisogna selezionare la Classe, ovvero la specializzazione professionale. Queste si discostano abbastanza dalle classiche classi fantasy, donando una notevole originalità all’opera (Azurita, Eretico, Idolo,…). Anch’esse portano dei vantaggi particolari, classificati come Tratti Principali (Resistenze, Recupero, Abilità, Domini, Alleanze), Equipaggiamento, Competenze e Avanzamenti. Gli ultimi rappresentano i vantaggi derivanti dalle proprie azioni e sostituiscono il classico accumulo di esperienza. Cambiare la città in maniera più o meno incisiva garantisce Avanzamenti Base, Moderati o Elevati. Volendo si possono anche acquistare Avanzamenti di altre classi, ma vengono conteggiati come di una categoria più costosa. Esistono anche degli Avanzamenti disponibili per tutte le classi, gli Avanzamenti Extra.
In fondo al manuale è presente la scheda del giocatore vuota, semplice, un po’ anonima, ma funzionale. In alternativa è anche possibile scaricare la scheda del personaggio editabile direttamente dal sito di Isola Illyon Edizioni.
Ora però cerchiamo di capire tutti questi termini che definiscono il personaggio.
Come muovere i fili in queste ombre
Partiamo dalle basi: ogni prova si basa sul lancio di 1d10 e il risultato va confrontato su una semplice tabella che mostra come questo possa portare a successi o fallimenti con implicazioni extra. Se la prova riguarda un’attività in cui il personaggio è specializzato o un ambito in cui si trova, potremo utilizzare rispettivamente un’Abilità o un Dominio; in ogni caso non se ne potranno applicare più di uno per categoria e ognuno di essi donerà 1d10 aggiuntivo. Esiste anche la possibilità di prendere due volte la stessa Abilità o lo stesso Dominio, in modo da sbloccare un Talento; esso permette un Lancio con Maestria, ovvero l’opportunità di tenere i risultati migliori. Possono anche influire due fattori esterni: l’aiuto di un alleato per guadagnare 1d10 o il pericolo generato da una difficoltà, che invece toglierà 1d10.
Un fallimento o un successo appena sufficiente causano anche l’innesco della meccanica dello Stress. Esso è, in parole povere, un danno. Non va applicato a dei generici “punti vita”, ma a cinque statistiche ben precise, chiamate Resistenze: Argento, Mente, Ombra, Reputazione o Sangue. Continuare ad agire nonostante lo Stress è possibile, ma porta rischi di Complicazioni sempre più alti. Esse sono incidenti di percorso, perdite sotto vari punti di vista o veri e propri infortuni (fino alla dipartita del personaggio). Per recuperare lo Stress perso esistono azioni specifiche o il riposo completo. Quest’ultimo è accessibile a tutti, ma ha l’inevitabile inconveniente di far procedere la trama senza poter intervenire.
Non tutto si risolve con la diplomazia
Questa recensione per ora ha dipinto Spire: La Città Deve Cadere come un gioco crudo ma quasi votato alla non-violenza. Non temete: non è così. Non aspettatevi però un combattimento su griglia o qualcosa di altrettanto particolareggiato. Questo aspetto non tradisce l’anima narrativa del titolo e si risolve in scene dinamiche e scorrevoli. Non ci sono iniziative; il master decide chi agisce e i personaggi descrivono le proprie azioni, facendo corrispondere dei tiri di dado adeguati. I nemici non agiscono attivamente ma le conseguenze negative dei loro eventuali tiri sfortunati rappresentano le contromosse degli antagonisti. Tutto questo è diviso in tre sole distanza (in modo da non avere bisogno di una griglia di combattimento): mischia, distanza e lunga distanza.
Prima di affrontare uno scontro sarebbe buona cosa trovare il giusto equipaggiamento, ma anche qua la moneta di scambio è lo Stress. I costi? Stress al proprio Argento. Il vantaggio di avere un’armatura? Incremento della propria Resistenza Sangue. Gli effetti delle armi? Stress al Sangue del bersaglio. Queste ultime hanno anche delle interessanti abilità extra (parata, stordente, occultabile,…) che possono essere applicate spesso insieme ad alcuni Domini o Abilità posseduti. A parte queste due categorie, non ci sono veri elenchi di oggetti acquistabili. Ci sono solo alcuni esempi nell’equipaggiamento iniziali delle classi e in alcune tabelle finali di generazione casuale; il resto è lasciato a libera interpretazione del master. Ovviamente da acquistare in cambio di Stress ad Argento.
Recensione del materiale fisico di Spire
Sotto il punto di vista dei materiali utilizzati per questa versione del manuale, non possono essere fatte molte critiche. Le sue circa 220 pagine sono di ottima qualità e vengono egregiamente protette da una liscissima copertina rigida. Bello da vedere, piacevole da consultare. Navigare tra i suoi contenuti è reso comodo dalla classicità dell’impaginazione su doppia colonna e dal font semplice e chiaro. Alla fine del manuale è anche presente un comodo indice per ritrovare i capitoli, già di per sè divisi razionalmente.
Il manuale è costellato di illustrazioni incredibilmente belle. La coerenza nello stile è impeccabile, l’effetto è potente. Linee nere spesse delimitano ogni figura. Colori potenti imprimono significato a ogni illustrazione. Anche solo sfogliare le pagine fa percepire a pieni polmoni l’atmosfera che il gioco vuole trasmettere. Poche volte ho visto un’ambientazione tanto particolare supportata da illustrazioni altrettanto particolari ma al contempo coerenti. Se dovessi fare un paragone videoludico, mi ricorda molto lo stile grafico del videogioco Darkest Dungeon.
Considerazioni finali della recensione di Spire
Aggiungo ancora qualche dettaglio su alcuni contenuti aggiuntivi; nel manuale sono presenti anche vari consigli utili per il master e per i giocatori, volti a rendere l’esperienza di gioco più semplice e godibile; ovviamente sempre in linea con i valori basilari: la rivolta contro l’oppressione. Alcuni paragrafi sono inoltre sono stati resi possibili grazie all’apporto di alcuni sostenitori del progetto e la loro fiducia è stata ringraziata pubblicamente sul manuale. Per me significa molto vedere che gli autori hanno voluto ripagare tale investimento citando i nomi dei finanziatori. Una delle ultime pagine presenta opere che hanno ispirato questo GdR; musica, libri film… Le fonti sono tante e potrebbero anche tornare utili per meglio comprendere l’atmosfera.
Voglio concludere questa recensione di Spire: La Città Deve Cadere proprio con un pensiero dedicato alle sensazioni che sa evocare. La cura per i dettagli relativi all’ambientazione è incredibile; dopo aver letto il manuale sarà come aver fatto un giro turistico per Spire e sarà inquietantemente bello. Certo, non bisogna aspettarsi meccaniche complicate (dopotutto è un sistema narrativo che si basa principalmete sull’utilizzo del solo d10). Ma se i giochi di ruolo narrativi vi piacciono, posso solo consigliarvi di dargli una possibilità. Il mix di elementi classici ed elementi innovativi è perfettamente equilibrato; potrete dire tante cose, ma difficilmente non troverete affascinante l’atmosfera che sa creare.
Se vi è piaciuta questa recensione, continuate a seguirci per rimanere informati su altri titoli come Spire: La Città Deve Cadere!
Premetto di aver ricevuto una copia di The Feast on Titanhead da Games Omnivorous per scriverne questa recensione. Se il prodotto dovesse piacervi, lo potete trovare sul loro store a 15€ in copia fisica in lingua inglese (limitata a 500 unità).
Questa avventura fa parte di una serie chiamata ManifestusOmnivorous, caratterizzata da alcune regole ben precise (leggibili nell’immagine seguente) che rendono questi prodotti immediati, fruibili, artistici e decisamente utili. Vi anticipiamo che alcune immagini contenute in questo articolo (prese direttamente dal prodotto) potrebbero risultare forti per le persone sensibili.
L’orrore necessita di stile…
E in strani eoni anche la morte può morire.
H. P. Lovecraft
L’opera si apre con questa frase e l’ispirazione è subito chiara. I toni dell’orrore cosmico rimandano al celeberrimo autore H. P. Lovecraft e i temi trattati potrebbero essere benissimo al centro di uno dei suoi racconti. Essendo l’avventura priva di un sistema di riferimento viene subito da pensare di viverla attraverso le meccaniche di Call of Cthulhu e la scelta non è affatto sbagliata. Un’altra valida opzione per sfruttarne i toni cupi e angoscianti è la desolazione metal di Mörk Borg. In ogni caso sono presenti varie indicazioni generiche che permettono di rendere efficace la narrazione in pressocchè ogni sistema che preveda una sensazione horror. I tiri da effettuare e le situazioni da risolvere sono presentate in maniera abbastanza generica da essere adattabili a qualsiasi sistema; allo stesso modo sono anche variegate e originali, dando a ogni elemento incontrato una valenza unica e contorta.
A proposito della trama, senza voler fare spoiler posso darvi qualche indicazione generale. Prima di tutto l’ambientazione è quella dei monti europei, ma anche qua un master con un minimo di esperienza può facilmente traslarla in altri luoghi e in altri tempi. In ogni caso un gruppo di ricercatori stava effettuando delle ricerche su queste montagne quando uno scavo ha rivelato qualcosa di inquietante; un titanico teschio è stato rinvenuto, tanto grande da essere esplorabile e al cui interno si nascondono cose profondamente inquietanti. Questo gruppo di ricerca non ha mai fatto ritorno e i personaggi (per un qualsiasi motivo) sono andati a controllare cosa stia succedendo. Cosa troveranno? Magari non lo comprenderanno nemmeno vedendolo… La banalità non fa parte di quest’opera; troverete descrizioni immersive e scene forti, ma cariche di significato.
… E lo stile deve essere anche estetico
Ma la stessa cura si può anche riscontrare nel manuale stesso. Impaginazione classica su due colonne e font adeguati. Le 28 pagine di The Feast on Titanhead sono racchiuse da una copertina flessibile e la qualità di entrambe è ottima; un elastico rosso posto sulla rilegatura funge da segnalibro. Il suo colore contrasta meravigliosamente con la palette cromatica dell’opera, che comprende solamente il bianco, il nero e il grigio. Questa scelta però non lo rende affatto “pesante” alla vista o “stancante” nella lettura; dona piuttosto una coerenza e uno stile molto apprezzabili.
Le illustrazioni sono meravigliosamente macabre, contorte senza sfociare nell’esagerazione. La depravazione del luogo è rappresentata fedelmente, donando maggiore peso al testo, ma senza rimuovere un certo alone di mistero volto a stimolare la fantasia. L’interno della copertina contiene una precisa e ben realizzata mappa della testa del titano, con segnati tutti i passaggi e le aree al suo interno.
Considerazioni finali su The Feast on Titanhead
L’opera ha il vantaggio di poter essere utilizzata in vari frangenti; come one-shot per provare nuovi sistemi, come avventura filler in una campagna già avviata, come metodo per introdurre persone al gioco di ruolo a stampo horror… Le opzioni sono davvero tante e sono tutte valide. Certo, il costo di circa 0,50€ a pagina è abbastanza elevato, ma non certo esagerato. La qualità non manca e ripaga l’investimento; inoltre anche l’estetica eccentrica e deliziosa lo rende uno di quei manuali che merita di essere collezionato nella nostra libreria.
L’impressione che The Feast on Titanhead mi ha lasciato è ottima e mi sento di consigliarlo a chiunque apprezzi questo genere di esperienza.
Continuate a seguirci per rimanere informati su altri prodotti di Game Omnivorous simili a The Feast on Titanhead!
Premetto di aver ricevuto una copia di Of Warlocks & Patrons da Sign of the Dragon al fine di poter scrivere questa recensione. Per chi fosse interessato all’acquisto, il prodotto è disponibile su DMs Guild in formato digitale in lingua inglese al prezzo di 7,95$ (circa 7€).
Questo compendio ha uno scopo ben preciso: focalizzarsi su una delle classi più apprezzate di D&D5e: il warlock! Prendetelo come un approfondimento, con il pregevole merito di impreziosire le meccaniche e il flavour di questi incantatori i cui poteri sono donati da un’entità superiore e misteriosa.
I contenuti di Of Warlocks & Patrons
Un utile indice introduce gli argomenti trattati, suddivisi per la precisione in quattro capitoli e due appendici.
Il primo capitolo contiene tantissime tabelle, molto utili per approfondire il lato interpretativo di questa classe; legami tra il warlock e il patrono, scopi e messaggeri di quest’ultimo,… Gli spunti sono davvero tanti e aiutano a creare rapidamente personaggi con una certa profondità.
Il secondo capitolo descrive due nuovi patroni. Il primo è The Elemental Lord, entità legata ad un determinato elemento e incline a donare poteri ad esso legati a chi lo serve. L’altro patrono è The Spirit, un’essenza legata alla morte in grado di garantire poteri riconducibili a quelli dei fantasmi. Entrambi sono ben caratterizzati e ricchi di poteri e incantesimi dedicati. Segnalo però che ci alcuni sono alcuni riferimenti a Xanathar’s Guide to Everything e conviene dunque poterlo consultare per comprendere ogni dettaglio.
Il terzo capitolo è una raccolta di pregevoli invocazioni (poteri particolari caratteristici di questa classe), grazie alle quali si possono dare nuove capacità al proprio personaggio.
Il quarto e ultimo capitolo presenta due nuovi background, The Chosen e Cultist. Essi sono stati pensati per il warlock ma possono essere tranquillamente applicati anche ad altre classi.
La prima appendice affronta invece un argomento nuovo e per nulla banale: come contattare il proprio patrono. Qua si possono trovare rituali, offerte e tutto il necessario (meccaniche comprese) per cercare di scucirgli un’udienza. Si tenga però a mente che non sempre la cosa andrà a buon fine e che le conseguenze potrebbero essere poco piacevoli.
Infine la seconda appendice propone nuovi mostri. Sono originali, ben strutturati e soprattutto utili visto che possono essere utilizzati sia come servitori dei patroni sia come classici mostri da gettare in faccia agli avventurieri.
La professionalità del manuale
Qua Sign of the Dragon continua a non sbagliare un colpo; anche Of Warlocks & Patrons, vista la sapiente presentazione, sembra a tutti gli effetti un manuale ufficiale di D&D5e. Le sue 33 pagine sono rese ben leggibili dalla classica impaginazione a doppia colonna e da un font grazioso e azzeccato. Grazie anche a riquadri e tabelle è facile orientarsi al suo interno.
Le illustrazioni al suo interno non sono originali, ma sono di ottima qualità e molto adeguate ai contenuti. Esse riescono a mettere in risalto gli elementi proposti, rendendo ancora più piacevole sfogliare il manuale.
Considerazioni finali su Of Warlocks & Patrons
Rispetto ad altri compendi degli stessi autori (come Realm Events, ad esempio), Of Warlocks & Patrons ha un costo leggermente maggiore; in ogni caso non è nulla di esagerato e la qualità ripaga completamente l’investimento.
Magari non è troppo versatile, ma, nel caso vogliate costruire warlock originali e ben caratterizzati, consiglio caldamente di tenere in considerazione questo prodotto.
Se avete apprezzato questa recensione di Of Warlocks & Patrons, continuate a seguirci per rimanere aggiornati su altri prodotti di Sign of the Dragon!
Premetto di aver ricevuto una copia del manuale di gioco di Pathfinder Seconda Edizione da Giochi Uniti al fine di poterne scrivere questa recensione. Per chi fosse interessato, segnalo che questo GdR è disponibile in italiano sul sito di Giochi Uniti (che si occupa della distribuzione italiana) al prezzo di 59,90€.
Nell’ormai lontano 2009 Paizo rilasciava la prima edizione di Pathfinder, gioco di ruolo che prendeva le basi di D&D3.5 e si prefiggeva di creare qualcosa di ancora più grande e completo. Il successo non è tardato ad arrivare e anche meritatamente, a mio avviso. Nel 2010 l’opera venne tradotta in varie lingue, tra cui anche l’italiano. A dieci anni dalla sua uscita, nel 2019, la casa editrice statunitense ha lanciato sul mercato Pathfinder Seconda Edizione; questo nuovo gioco di ruolo nasce come evoluzione autonoma della prima edizione, ma per naturale sviluppo ha subito mutamenti teoricamente accostabili a quelli avvenuti nel passaggio da D&D3.5 a D&D5e. E dico “teoricamente” perchè il prodotto finale è ben diverso e frutto di anni di analisi del primo Pathfinder. La distanza tra i due prodotti è notevole, sebbene abbiano alcuni dettagli in comune.
Vi anticipiamo però già che, visti i radicali cambiamenti, la nuova versione non è compatibile con la precedente. Il diverso “approccio numerico” e la semplificazione dei calcoli richiesti rende necessaria una conversione di eventuali materiali che si desidera trasporre.
Uno sguardo all’ambientazione
Fermiamoci però un attimo e cerchiamo di contestualizzare questo caposaldo del GdR fantasy epico moderno. E’ uno dei più importanti esponenti del genere, ha un’ambientazione propria e molto ricca, che si è evoluta nel corso degli anni grazie alle proprie AP (Adventure Path, o Saghe, raccolte di moduli che costituiscono lunghe e profonde campagne). Il mondo di gioco si è evoluto nel corso degli anni e i giocatori hanno potuto (e possono ancora) assistere a tali mutamenti vivendo le vicende da protagonisti. In questo modo gli avvenumenti della prima edizione sono già avvenuti nella seconda edizione (facendo giungere l’attuale Era dei Presagi Perduti), senza però richiedere in maniera tassativa di averle giocate. Le informazioni utili a comprendere l’attuale situazione del mondo di gioco sono incluse in questo manuale base di Pathfinder Seconda Edizione (questa recensione non contiene spoiler).
Il livello di potere è decisamente alto; i protagonisti crescono in maniera considerevole con i passaggi di livello e quello che possono compiere è oltre ai limiti “umani”. L’ambientazione riesce a far convivere in maniera fluida tutti i capisaldi dell’immaginario fantasy. Alcune zone sono più primitive e vedono ancora folte giungle abitate da dinosauri. Altre hanno un livello tecnologico tale da contemplare anche armi da fuoco. Per il resto si può apprezzare un carosello di opportunità vastissimo, con citazioni quasi infinite a Transilvania vampiresca, imperi classici, zone arabeggianti, luoghi d’accesso per altri piani e altro ancora. Già, perchè il mondo di Golarion non è l’unico giocabile; si possono trovare anche i classici piani di esistenza, tutti interconnessi dalla lore e da legami “divini”. Tutti questi dettagli sono precisati all’interno di questo manuale, in modo da non necessitare di altri riferimenti.
Il “peso” del manuale base di Pathdinder Seconda Edizione
Sembra esserci tanta carne al fuoco, vero? Temete che alcuni aspetti siano dati per scontati o spiegati solamente in maniera generica? E invece no! Questa recensione si basa sulla lettura delle quasi 650 pagine del manuale base di Pathfinder Seconda Edizione e vi assicuriamo che c’è tutto; dall’ambientazione alle meccaniche, ma di queste parleremo dopo. Un tale densità di contenuti (e un tale peso!) non devono però spaventare; un font adeguato e un’impeccabile impaginazione classica su due colonne rendono semplice e comoda la consultazione. La precisa divisione tematica dei contenuti e l’utilissimo glossario finale con annessa funzione di indice permettono di non perdersi tra le sue pagine. Sul lato di ogni pagina è invece posizionata una suddivisione tematica dei contenuti.
Le ultime pagine contengono una scheda del personaggio vuota. Lo ammetto subito: è una delle cose che mi è piaciuta di meno. Non fraintendetemi, è completa e fruibile; il problema è che la grafica non è nulla di speciale, soprattutto se paragonata al resto.
I materiali sono ottimi; la copertina rigida protegge a dovere il tomo, le pagine sono resistenti ma allo stesso tempo valorizzano le immagini. E queste ultime sono un enorme punto a favore di quest’opera. A mio avviso il salto qualitativo rispetto alla prima edizione è evidente. La qualità è decisamente maggiore, lo stile più maturo e intrigante. Ce ne sono tantissime, tutte originali e tutte da ammirare. L’approccio grafico a volte un po’ irriverente è rimasto, ma è ancora più interessante.
Ma un libro non si giudica dalla copertina, giusto? E allora tuffiamoci nei contenuti! La prima cosa da constatare è l’idea alla base dell’opera: l’ordine. Se la prima edizione sembrava ben fatta, qua gli amanti della razionalità si scioglieranno come un mephit del ghiaccio colpito dalla fiammata di un drago rosso.
Il nuovo ordine delle meccaniche
La prima conferma a riguardo è data dall’utilizzo dei Tratti per ogni concetto. Essi sono delle “etichette” affibbiate a quasi ogni elemento (oggetto, incantesimo, creatura,…) in modo da definirlo. Questa classificazione è estremamente pratica ed elimina ogni dubbio riguardante quando utilizzare una determinata meccanica o quali bersagli sono validi per un certo effetto. Personalmente adoro questa scelta stilistica, tanto elegante quanto utile. Un altro tipo di classificazione è quella data agli oggetti. Essi, oltre ad avere i propri Tratti, sono anche caratterizzati da un numero che indica il livello minimo ideale che dovrebbero avere i personaggi per ottenerli.
Le prove si effettuano con un classico lancio di d20, ma acquisiscono una maggiore profondità. Per valorizzare meglio una riuscita eclatante, superare la CD (Classe di Difficoltà) di almeno 10 equivale ad un Successo Critico, ovvero un Successo con qualche beneficio aggiuntivo. Allo stesso modo, un tiro molto sfortunato di dado può portare ad un Fallimento Critico, ovvero un Fallimento con complicazioni. Queste conseguenze extra sono chiaramente specificate per ogni circostanza, in modo da aiutare il lavoro del master.
Sono stati eliminati i gradi da distribuire nelle abilità, a favore di un approccio più dinamico che mi ha ricordato un mix di D&D5e e Warhammer Fantasy Roleplay; ogni abilità ha un grado di addestramento che va da Addestrato al Leggendario. Questo livello (oltre a sbloccare nuove azioni) dona un bonus da aggiungere al bonus base in questa disciplina, somma del modificatore della caratteristica chiave con il proprio livello di personaggio. Non essere addestrati permette di utilizzare solo il modificatore della caratteristica legata. Inoltre non sono più presenti le prove contrapposte, semplicemente colui che subisce l’azione ha una CD fissa che chi compie l’azione deve superare. Infine (finalmente) alcune prove sono espressamente da fare in segreto, per scoraggiare il metagame.
I protagonisti delle storie: la costruzione dei personaggi
Ad un’occhio disattento la creazione potrebbe sembrare più scarna, ma a mio avviso sarebbe una considerazione molto errata. Premetto che sul manuale base di Pathfinder Seconda Edizione, sono presenti un buon numero di classe e razze (ora chiamate Stirpi e il motivo sarà approfondito in questa recensione); ovviamente non sono ancora paragonabili a quelle della prima edizione, ma si tratta solo di attendere i prossimi manuali per questo.
La prima scelta è, appunto, la “Stirpe” che, come anticipato, differisce dal concetto classico di razza. La sua modernità si nota dalla sua modularità; ogni Stirpe ha diversi incrementi di caratteristica, linguaggi e lignaggi. Questi ultimi rappresentano le diverse declinazioni di una Stirpe specifica (elfo artico, elfo silvano,…) o le ibridazioni tra razze (mezzorco, mezzelfo). Ogni Stirpe dispone anche di una serie unica di Talenti, selezionabili ai passaggi di livello. Si può quindi gioire del fatto che ogni membro di una determinata Stirpe possa essere ben caratterizzato e differente dagli altri.
Si procede con la selezione del background, una personalizzazione che stimola molto il roleplay e dona addestramenti in abilità e un altro talento.
Poi c’è la selezione della Classe. Ognuna di esse include tutta una serie di capacità che il personaggio acquisterà. Armi, armature, tiri salvezza e abilità in cui è specializzato, eventuali incantesimi e tutto ciò che lo caratterizza a livello di azioni disponibili. Anche qua si parla di Talenti; essi di fatto integrano le vecchie capacità di classe e incorporano anche la funzione degli archetipi di Pathfinder Prima Edizione. I passaggi di livello permettono di sbloccarne di nuovi e rendere ancora più unico il personaggio. Inoltre è possibile selezionare alcuni aspetti di altre classi (qua chiamati Archetipi) e progredire nel loro sviluppo. Questo aspetto rimuove completamente il multiclasse classico, sostituendolo con qualcosa di pienamente appagante.
Che fantasy sarebbe senza magia?
Pathfinder Seconda Edizione non potrebbe certo raggiungere la sufficienza in questa recensione se non ci fossero delle palle di fuoco soddisfacenti, non pensate? La magia è spesso cio’ che rende speciale un mondo simile. Ero sinceramente preoccupato di non trovare nulla di nuovo sotto il sole e mi sarebbe dispiaciuto. Non dico che la magia della prima edizione funzionasse male, ma necessitava di un’evoluzione. E per fortuna non sono rimasto deluso!
Gli incantesimi sono tantissimi, non manca nulla di quello che ci si potrebbe aspettare e hanno un dinamismo tutto nuovo. Essi possono essere Intensificati, ovvero lanciati con uno slot superiore a quello base; così facendo acquisiscono effetti extra o intensificano quelli già presenti. Avete sempre sognato di creare un mago di ventesimo livello specializzato nei Dardi Incantati e ancora performante? Bene, ora potrete! E vi divertirete a lanciare uno sciame di Dardi Incantati con uno slot di decimo livello (ebbene sì, ora il livello massimo di incantesimi è questo) grossi come proiettili di una ballista.
Essi sono divisi in quattro Tradizioni, in base alla loro origine: Arcana, Divina, Occulta e Primeva. Vi sono poi formule speciali, ovvero i Rituali. Essi sono incantesimi potenti ma poco noti che permettono a più incantatori di collaborare per cercare di produrre effetti speciali.
Infine una nota di merito va anche agli oggetti magici, ora molto più semplici da gestire. Le armi e le armature incantate sono particolarmente ben fatte e permettono di assemblare in maniera equilibrata e interessante.
I combattimenti di Pathfinder Seconda Edizione
In Pathfinder Seconda Edizioneil combattimento è uno degli aspetti più originali e anche uno di quelli che ho apprezzato di più, come si evince da questa recensione. Ogni turno verte attorno alla gestione di tre azioni (oltre eventuali azioni gratuite). Questo approccio evita di doversi ricordare quali opzioni tattiche siano fattibili insieme. Ogni attività costa da zero e tre azioni; fino a quando si hanno azioni disponibili, si possono fare attività. Esistono anche le Reazioni, attività compiute al di fuori del proprio turno.
Per il resto il combattimento segue le meccaniche classiche, dando il meglio di sè con una mappa su cui poter calcolare le distanze e le aree d’effetto. Viene facilitata anche la gestione delle situazioni più peculiari, come i combattimenti in acqua, a cavallo o in volo; queste evenienze sono tra l’altro trattate esplicitamente, venendo incontro ai master meno esperti.
Inoltre ho apprezzato altre sottiliezze, che permettono di snellire notevolmente i tempi richiesti; innanzitutto i danni sono divisi per tipologie (Fisici, da Energia, con Allineamento, Mentali, da Veleno, da Sanguinamento, di Precisione), ognuna delle quali viene spiegata nel dettaglio. Inoltre le eventuali Condizioni che possono affliggere i personaggi sono chiare e precise, come fossero degli ulteriori Tratti. Le manovre di combattimento sono invece elegantemente risolvibili attraverso delle semplici prove di abilità; la quasi totale assenza di attacchi di opportunità ha reso molto più dinamico il combattimento e nemmeno gli evocatori spasmodici potranno ingolfare gli scontri, necessitando di azioni per controllare le loro bestie!
Due parole vanno spese anche sulla morte; il raggiungimento degli 0 Punti Ferita rappresenta lo svenimento; poi una serie di tiri fa oscillare la vita del personaggio tra vari gradi di gravità, fino alla definitiva dipartita. I Punti Eroe però permettono di ripetere tiri di dado e salvare la situazione.
Il giusto spazio anche alle altre attività
Sebbene il combattimento sia certamente uno dei punti di forza di un GdR simile, Pathfinder Seconda Edizione si mostra molto attento anche agli altri momenti di gioco che analizzeremo ora in questa recensione; anche qua lo fa con precisione, dando una dignità ad elementi che prima venivano un po’ bistrattati. In particolare ho apprezzato due concetti.
La modalità Esplorazione fornisce delle meccaniche precise da utilizzare negli spostamenti, in modo da mettere dei paletti al tipo di andatura adottabile. Sono infatti esposte varie possibilità, tra cui procedere perlustrando la zona, individuando costantemente il magico e seguendo un esperto in un determinato campo. Molti gruppi adottavano già dinamiche simili, ma finalmente sono esplicitate chiaramente sul manuale.
La modalità Pausa propone invece varie attività da fare in determinati momenti di riposo. Quest’idea consente di dare molto più senso ad azioni che nella prima edizione del gioco potevano quasi essere considerate inutili; e sì, stiamo parlando di guadagnare facendo un mestiere (la vecchia Professione), costruire materiali utili per il party (il vecchio Artigianato), cacciare nelle terre selvagge e prendersi cura dei compagni feriti. Un’altra utilissima funzione di queste sequenze è il Riaddestramento; finalmente sul manuale base è presente un set di regole per cambiare scelte di progressione deludenti.
Considerazioni finali su Pathfinder Seconda Edizione
La prima cosa da dire è che le sessioni scorrono fluide sia da lato giocatore che da lato master. Per quest’ultimo il manuale è pieno di spunti e aiuti. Certo, rimangono pur sempre più di 600 pagine di lettura, ma ne vale assolutamente la pena. Sarà per la bella scrittura (anche nella localizzazione italiana), per le belle immagini o per gli ottimi contenuti, ma è uno di quei manuali che non ci si stanca mai di leggere. Nel caso vi serva ancora qualche esempio, sappiate che la costruzione dei PNG è molto più snella di quella dei PG; inoltre alla fine del manuale ci sono quasi dieci pagine che descrivono decine di tipi di trappole (chiamati Pericoli), tutte diverse e divertentissime. Addio a dungeon costellati solo delle solite fosse con spuntoni!
Mi rendo conto di aver paragonato varie volte Pathfinder Seconda Edizione alla prima edizione (e ad altri sistemi) in questa recensione, ma questa non va vista come una gara a trovare il più bello tra i due. Il mio è solo un confronto volto a spiegare meglio certi concetti, in quanto i due giochi possono benissimo coesistere. Sono due prodotti che meritano assolutamente di essere provati e quale miglior momento di tuffarsi nella seconda edizione se non ora che è arrivato nella nostra lingua? Considerando anche la possibilità di partecipare a sessioni ufficiali con la Pathfinder Society direi che un pensierino merita di essere fatto.
Concludo dicendo che questo GdR a mio avviso diventerà uno dei più giocati nei prossimi anni e merita questo successo. Riesce a essere tecnico senza stuccare. Riesce a essere ordinato ma offre tantissimo materiale. Vorrei scrivere altro a riguardo, ma ora ho un nuovo personaggio da creare e nulla descrive meglio questa meraviglia se non il provarlo con mano!
Se vi è piaciuta questa recensione continuate a seguirci per rimanere informati su Pathfinder Seconda Edizione!
Shadows of Esteren è un gioco di ruolo in fase di finanziamento su Kickstarter che ha raccolto grande successo. La campagna è quasi al 1000% e sta entrando nel rush finale. Pertanto sono gli ultimi giorni per andare alla pagina del progetto e decidere se sostenerlo o meno.
Questo GdR low fantasy medievale con influenze gotiche e horror è caratterizzato dalla durezza del vivere quotidiano e dalla complessità dello scontro tra culture. E’ nato 8 anni fa in Francia da Studio Agate, un collettivo di autori e illustratori desiderosi di produrre materiale di qualità ed è edito da Agate RPG.
Un palmarés di tutto rispetto
A differenza della maggior parte degli altri progetti su Kickstarter, che si possono solo immaginare attraverso promesse e anteprime, Shadows od Esteren ha al suo attivo già 8 anni di vita. Non solo. E’ diventato il gioco francese più premiato all’estero, con decine di libri, quattro album musicali, un videogame, concerti e presenze alle più famose conventions. Viene definito dai suoi creatori “un’avventura transmediatica”.
Questo gioco infatti può vantare i titoli di miglior nuovo gioco, miglior manuale e miglior arte ai Diehard GameFAN Award 2012, ma soprattutto ha ricevuto ai prestigiosi GOLD ENnies Awards del GENCON di Indianapolis del 2013 i titoli di miglior arte all’interno del manuale e miglior valore di produzione. Per i SILVER Ennies Awards ha ricevuto il titolo di prodotto dell’anno.
Il curriculum non è tutto
I premi danno risonanza a un prodotto, ma il vero valore è nel suo contenuto. Quindi addentriamoci maggiormente in Shadows of Esteren. Si tratta di un gioco incentrato su investigazione e sopravvivenza che pone l’accento sull’immersività e l’interazione tra personaggi. Il mondo è popolato da uomini e donne che lottano per andare avanti ogni giorno, ma che devono anche guardarsi le spalle da una minaccia sovrannaturale che si nasconde nell’oscurità.
Le fonti di ispirazione citate comprendono il film Braveheart, i lavori di Tim Burton (in particolare Il mistero di Sleepy Hollow), La Principessa Mononoke e Nausicaa della Valle del Vento di Miyazaki e Berserk di Kentaro Miura (spero gli inizi dell’opera e non dove siamo finiti ora… Ma questa è un’altra storia).
Se volete farvi un’idea più precisa è possibile scaricare un quickstart, chiamato Book 0 (Libro 0) su DriveThruRPG. Che poi tanto quick non è perchè parliamo di 83 pagine solo per il PDF principale! All’interno si trovano un’introduzione all’Universo di Esteren, un riassunto del sistema di gioco, sei personaggi pregenerati, tre scenari e altro ancora.
L’estetica di Shadows of Esteren
Giù il cappello. Si tratta veramente di un punto di forza di questo gioco. Le illustrazioni sono tante, di ottima qualità, varie sia nello stile che nel contenuto, ma tutte omogenee nel dipingere la parte visiva del manuale. Penso che tra le immagini presenti in questo articolo, quelle che potete ammirare sulla pagina del progetto e quelle del quickstart possiate tranquillamente farvi un’idea. Anche le mappe sono bellissime e invitano al gioco e all’esplorazione.
L’impaginazione è la classica a due colonne, ma ciò che mi ha colpito sono i dettagli. Una linea divisoria qui, un angolo illustrato là. Varietà di disegni, linee, tagli, c’è stato veramente un lavoro editoriale pieno di talento e con l’ambizione di rendere questi manuali un prodotto di punta. E secondo me ci sono riusciti in pieno.
Abbiamo avuto il piacere di ricevere il PDF del manuale base e possiamo assicurarvi che la qualità di cui vi parlo si estende per tutte le quasi 300 pagine. Già solo sfogliarlo è una continua piacevole sorpresa per ammirare le pagine e le loro diverse soluzioni.
Il mondo: il continente di Tri-Kazel
Shadows of Esteren è un gioco dove la vita è dura. Pertanto l’ambientazione, la penisola di Tri-Kazel, è un luogo dove i concetti di fame, paura e guerra sono possibilità concrete. E’ una terra medievale con forti influenze celtiche, suddivisa in tre regni, tre dinastie nate da tre fratelli. La magia è dappertutto, ma ciononostante non è nè facile nè onnipresente, mantenendo un alone di mistero e pericolosità. La scienza e la tecnologia stanno giungendo dal continente così come la religione dell’Unico Dio che sta iniziando a prendere piede.
Scenari di contrasto, cambiamento e confronto radicati in una quotidianità difficile e, a tratti, spaventosa. E ancora culti, ordini, organizzazioni, differenze sociali e culturali nei vari regni. E’ un mondo vivo, non basato sull’originalità bensì sull’estrema immersività della sua presentazione. Mi ricorda molto Westeros dei primi libri di George Martin.
Sullo sfondo, i Feondas, i “nemici”, un’enigma misterioso di creature ostili che tramano nell’ombra e turbano la vita degli uomini e delle donne di Tri-Kazel.
Il sistema di Shadows of Esteren
Innanzitutto i personaggi non hanno le classiche caratteristiche che descrivono il loro livello fisico o mentale, bensì vantaggi e svantaggi. Ogni personaggio inoltre ha 5 Vie che determinano i suoi tratti principali: le Vie della combattività, della creatività, dell’empatia, della ragione e della convinzione. Esse sono valutate da 1 a 5, lasciando liberà narrativa ai giocatori di decidere come tali punteggi si intreccino creando un personaggio profondo e sfaccettato.
Conoscenze e capacità sono organizzate in sedici domini, che a loro volta si suddividono in svariate discipline e queste in specializzazioni. Il valore finale andrà da 0 a 15, che rappresenta una vera e propria leggenda nell’ambito di una particolare specializzazione.
Le prove consistono in 1d10 + il valore del Dominio/Disciplina/Specializzazione + il valore della Via per superare un valore soglia di difficoltà. Naturalmente questa è solo la base sulla quale si instaura un mondo di regole, ma l’impressione è che si tratti di un sistema non particolarmente complicato e piuttosto intuitivo. D’altra parte la regola fondamentale è che se un tiro rischia di rallentale il ritmo e l’atmosfera di gioco allora piuttosto non va tirato.
E’ ovviamente presente anche la sanità mentale, tanto per dare un’idea di come il gioco non sarà certo morbido o scontato con i personaggi.
I dettagli possono fare la differenza
Sicuramente i dettagli grafici hanno fatto il loro dovere e mi hanno veramente convinto e meravigliato. Ma ci sono anche piccoli elementi qualitativamente rilevanti dal punto di vista del contenuto.
Ad esempio negli scenari ci sono varie icone, che permettono al master di andare a trovare le informazioni chiave, oppure leggere consigli per sottolineare l’horror o il soprannaturale. Ancora ci sono icone che rimandano a suggerimenti per rendere il gioco più immersivo e cinematografico oppure che consigliano una particolare musica di sottofondo (ovviamente facente parte della loro produzione).
Perchè il Kickstarter di un gioco già uscito?
Parte del materiale era introvabile nei negozi da parecchio tempo, pertanto vi era una certa domanda. Inoltre la cancellazione delle convention a causa del Coronavirus ha lasciato molti prodotti fermi nei depositi. Da qui l’iniziativa di proporre un Kickstarter per venderli, tra l’altro scontati rispetto al normale prezzo di vendita.
Ovviamente Kickstarter non è un negozio online, perciò ci sono prodotti aggiuntivi che possono essere finanziati. Primo su tutti un artbook, sia in versione digitale che fisica. Poi, grazie anche ai vari stretch goal sbloccati, versioni Kickstarter di alcuni manuali, oltre che stampe, fumetti, libri tascabili, album MP3, dadi e monete di metallo. C’è veramente molto da ricevere a un prezzo assolutamente interessante.
L’offerta Kickstarter di Shadows of Esteren
Parliamo di così tanto materiale e così tanti possibili pledge che non è possibile descrivervi tutto, pertanto il consiglio è di andare a dare un’occhiata alla pagina del progetto Kickstarter, ben fatta e molto completa.
Va anticipato che ci sono due offerte separate, una per l’artbook, in versione digitale (circa 18€), normale (circa 36€) o limited (circa 90€). L’altra per uno o più manuali. Il pacchetto completo digitale è offerto a 54€ circa, mentre il singolo manuale base fisico può essere preso per circa 45€, il suo prezzo di vendita. Già, ma con tutti gli stretch goal sbloccati: mappa in formato A2, album mp3, stampe, compendio in PDF, un fumetto, un album mp3, un libro in formato tascabile e delle monete di metallo.
La raccolta completa dei libri la si può ottenere versando 181€ circa. Certamente una cifra importante, ma parliamo di svariati manuali, più di 1100 pagine, e una quantità impressionante di ulteriore altro materiale, dai 4 album allo schermo del dungeon master.
Le impressioni finali
Il mio pensiero dopo questo viaggio in Shadows of Esteren è stato “ma come facevo a non conoscerlo!”, seguito da “devo farlo provare al mio gruppo di gioco” e conclusosi con un potente “devo averlo!”.
Al di là della mia mania di collezionismo, non ci sono dubbi sulla qualità editoriale di questo prodotto, il cui successo è un ottimo biglietto da visita per chi ancora, come me, non lo conosceva. L’offerta Kickstarter è molto varia e piena di materiale, motivo per il quale si può parlare veramente di fare un affare non tanto per il prezzo, quanto per tutto ciò che si può ricevere.
Sul gioco in sè per ora posso solo parlare di impressioni. Ritengo che la qualità che ho visto nei dettagli possa essere considerata una garanzia. Shadows of Esteren è un gioco con un mondo vivido e reale, duro e intrigante. Il sistema è nato per supportare e non per rallentare o fare da protagonista e il tocco gotico è la ciliegina su una torta che non vedo l’ora di assaggiare.
Continua a seguirci per essere informato su altre novità di Shadows of Esteren!
Il prolifico team di Sign of the Dragon ci ha inviato un altro loro prodotto per a scopo valutativo: Realm Events, un supplemento in PDF in inglese per D&D5e che fornisce idee per eventi in aree civilizzate, dagli insediamenti alle città ai regni. Possono essere utilizzati per arricchire la descrizione del mondo nel quale vivono i personaggi o direttamente come spunti per coinvolgerli in prima persona.
Eventi per ogni mondo e ogni sistema
L’utilità di questo compendio è così spiegata nella sua introduzione:
Questo libro è stato scritto per aiutare i DM ad aggiungere profondità ai mondi che fanno giocare. Nello specifico, questo volume offre ai DM la possibilità di creare rapidamente eventi e incontri in villaggi, paesi e città. Ciò è particolarmente utile quando i personaggi finiscono in un’area che il DM non ha ancora creato in dettaglio.
Sign of the Dragon
Realm Events non ha riferimenti geografici particolari pertanto può essere usato in qualunque setting fantasy. In realtà molti spunti sono universali e, con le opportune modifiche, potrebbero andare bene per qualunque ambientazione. Per quanto il prodotto sia stato creato appositamente per il gioco di ruolo più famoso del mondo, non ci sono statistiche nè riferimenti a regole. Pertanto può tranquillamente essere considerato una risorsa universale per i giochi di ruolo.
Realm Events nel dettaglio
Realm Events è un PDF di 20 pagine, classica impaginazione di D&D5e sempre ripresa da Sign of the Dragon. Ci sono belle immagini originali e altre riutilizzate tramite Dungeon Masters Guild, alcune più azzeccate, altre apparentemente riempitive e basta. Cionondimeno l’effetto visivo è piacevole e il prodotto è di facile consultazione.
Dal punto di vista dei contenuti sono presentati 55 eventi, 37 dei quali ambientati in un villaggio o una città e 18 che possono verificarsi in un’area più ampia, come una regione o un regno. Per ogni evento c’è una breve descrizione e un piccolo paragrafo intitolato “cosa possono fare i personaggi”. Le possibilità vengono ulteriormente ampliate grazie a 40 tabelle per generare casualmente i dettagli.
Per dare un esempio uno degli eventi regionali è l’arrivo di un ambasciatore. La motivazione della visita può essere scelta a proprio gusto o casualmente tra 6 possibilità e anche l’interazione dei personaggi con l’ambasciatore offre la medesima varietà di scelta. In breve tempo è possibile così generare lo scheletro di un’interessante accadimento. Può essere usato semplicemente da sfondo per rendere vivo e interessante il luogo dove si trovano i personaggi o può diventare la pietra miliare della trama per le successive sessioni.
Le mie considerazioni su Realm Events
Trovo Realm Events uno dei prodotti più azzeccati di Sign of the Dragons per D&D5e. Non aspettatevi idee geniali o spunti mai sentiti prima, ma questo compendio fa molto bene il lavoro per cui è stato scritto. Gli spunti sono brevi, poco dettagliati e con diverse possibilità, perfetti per poter essere presi e inseriti con facilità in qualunque campagna possano adattarsi. Sono come una scintilla che serve ad accendere il fuoco della fantasia nel master e nei giocatori. Mi piace che sia così monografico. Si tiene il PDF pronto al bisogno e, senza necessità di trovare le tabelle dentro un manuale più grande, si ha subito tutto ciò che serve.
Lo si può acquistare a circa 2,70€ presso il sito Dungeon Masters Guild. Il formato è giusto, il contenuto adeguato, il prezzo anche. Pur parlando di piccole cifre, prima di leggerlo avevo un po’ storto il naso, ritenevo che il costo più corretto sarebbe stato sotto i 2€, trattandosi di 20 pagine senza necessità di grandi revisioni. Dopo averlo letto invece penso che la qualità vada premiata e il prezzo sia un ottimo investimento. A volte ai master (e ai giocatori) non servono mirabolanti avventure prefatte, ma solo una spinta nella giusta direzione e poi la libertà di vivere ciò che la mente crea. In questo senso Realm Events offre, in poco spazio e a poco prezzo, centinaia di avventure diverse racchiuse in piccole scintille.
Continua a seguirci per essere sempre informato su altri prodotti di Sign of the Dragon come Realm Events !
Cos’è #quarantameron per D&D5e? Circa due mesi fa, sul gruppo Facebook di Brancalonia (se non sapete cos’è non fate gli zotici e correte a leggere il nostro articolo!), una discussione attirò la nostra attenzione. Un ragazzo, Giovanni, prendendo ispirazione dalla pandemia e dalla quarantena, si proponeva di realizzare una “trasposizione dei racconti del Decameron in avventure giocabili per D&D5e“. Proponeva un video esplicativo e un’avventura d’esempio. Era solo un’idea, un post, ma ci piacque subito e contattammo Giovanni.
Giovanni lo stesso giorno ci rispose raccontandoci che aveva ottenuto in breve tempo un grande riscontro: l’avventura era stata scaricata più di 200 volte e il progetto aveva più di 800 upvotes su Reddit. Aveva ricevuto anche proposte di collaborazioni, le cose si stavano muovendo! Poichè era il momento di organizzare tutte quelle novità rimanemmo d’accordo di sentirci in futuro quando il progetto si sarebbe sviluppato con maggiore chiarezza.
La nascita de La lieta brigata
Risentimmo Giovanni a fine aprile. Nel giro di poche settimane il progetto aveva assunto una nuova forma, aveva un nuovo nome, La lieta brigata, e una pagina Instagram. Inoltre era stata pubblicata una seconda avventura, più completa e strutturata della precedente.
Poche settimane dopo La lieta brigata stava organizzando lo streaming di una sessione grazie a “Per soffiar D20”, un gruppo composto per metà da accademici e per metà da rappresentanti del mondo di Dungeons & Dragons.
Ora, a meno di due mesi da quel primo post, La lieta brigata ha un sito ed è presente su Instagram, Facebook e Twitter. Dal sito è anche possibile scaricare un’avventura, il #quarantameron per episodio 1, Andreuccio da Perugia per D&D5e.
La parola all’autore di #quarantameron per D&D5e!
Ora che il progetto è una realtà avviata, abbiamo pensato di approfondirne i dettagli chiedendo direttamente a Giovanni ulteriori informazioni. Ecco la nostra intervista!
Da dove arriva l’idea di trasporre in avventure quelle novelle?
Mi sono laureato con una tesi sulla scrittura di avventure per D&D 5e (in quel caso finalizzate alla formazione delle competenze trasversali in azienda) all’inizio della quarantena. L’idea nasce come un tentativo di risposta al momento di crisi in corso con i mezzi e le competenze a mia disposizione. Credo che un master che riesca ad occupare una serata in videochiamata a quattro giocatori possa veramente fare del bene in questo periodo di distanziamento sociale e mi piaceva l’idea di incoraggiare momenti simili distribuendo materiale gratuito. E dato che anche nel Decameron il tema è quello di farsi forza con le storie in un momento di epidemia, le novelle di Boccaccio mi sono sembrate la fonte di ispirazione perfetta.
Dopo un ottimo riscontro su internet (Reddit soprattutto) sono stato messo in contatto con Valentina Rovere, una filologa che studia Boccaccio da 12 anni, e il progetto ha cominciato a prendere forma in maniera molto più strutturata.Ora il progetto si chiama “La lieta brigata” e l’obiettivo è diventato quello di cercare di creare ponti tra la cultura accademica e la cultura pop, la nostra prima iniziativa è il proseguimento dell’idea originale, che ora abbiamo chiamato “#quarantameron”. Nello scrivere le avventure abbiamo notato, soprattutto dalla parte accademica del nostro pubblico, un forte interesse per l’iniziativa legato però ad una difficoltà di approccio al mondo del gioco di ruolo. Da qui nasce la nostra seconda iniziativa, “Per soffiar d20”, uno streaming dove le avventure saranno giocate da un gruppo composto per metà da giocatori di ruolo esperti e per metà da accademici.
Hai studiato il Decameron solo nel tuo percorso d’istruzione o hai una passione per esso?
Purtroppo ho avuto occasione di studiarlo solo nel percorso superiore tradizionale, ma respiro letteratura da sempre e in generale quello della ricchezza culturale è un tema a me molto caro. Più che una specifica formazione relativa al Decameron, il primo motore è stata la volontà di avvicinare due mondi.
Come pensi di portare avanti il progetto? In base all’attuale feedback pensi di proporre tutti i racconti del Decameron?
I primi mesi de La lieta brigata, che coincideranno più o meno con il periodo in cui ci dedicheremo a #quarantameron, sono stati definiti in partenza come mesi di assoluto rodaggio e sperimentazione. Una volta che avremo capito bene come coordinare il progetto, l’intenzione è quella di spostarsi ad un vero e proprio “progetto Decameron” che punti alla conversione strutturata del maggior numero di novelle possibile. A lungo termine, ma non è ancora ufficiale, il desiderio sarebbe quello di scrivere un’ambientazione coerente che faccia da universo narrativo condiviso per i temi, le storie ed i personaggi della letteratura italiana.
Hai pensato a regole ad hoc per questa idea o ti appoggi al regolamento base di D&D5e? O magari attendi ambientazioni come quella di Brancalonia per poter sfruttare quella?
Al momento, in questa fase di sperimentazione, abbiamo deciso di appoggiarci all’ambientazione standard di D&D per non mettere troppa carne al fuoco. Quindi, ad esempio, le avventure dello streaming si svolgeranno in luoghi originali ma i giocatori hanno creato i loro personaggi a partire dalle opzioni dei manuali ufficiali. Abbiamo però già appurato che a lungo termine questo approccio non sarà sufficiente, per cui la scrittura di un’ambientazione originale è tra le opzioni future più probabili. Ci siamo messi in contatto con Brancalonia, ma al momento il loro progetto è nel pieno dello sviluppo, per cui ogni potenziale collaborazione è rimandata al futuro. I due progetti sono comunque diversi alla radice. La nostra intenzione esplicita come La lieta brigata”è quella di radicarci nella ricchezza letteraria con fini quasi divulgativi, ciò che facciamo nell’ambito della cultura pop dovrebbe incuriosire ed avvicinare alla cultura accademica e viceversa.
Farai tutto il lavoro da solo o avrai bisogno di aiuti? E ti sei prefissato delle tempistiche?
Il progetto si è strutturato molto in fretta, e sebbene il “nocciolo” sia costituito da me e Valentina Rovere, ci sono già una serie di persone che stanno gravitando intorno alle nostre iniziative. Per lo streaming, ad esempio, io sarò il master e Valentina sarà in chat per condividere commenti letterario-filologici, ma il cast di giocatori è composto da Gaia Tomazzoli e Giuseppe Alvino (entrambi filologi dantisti) e da Michael Viani e Andrèe Bartoli (entrambi giocatori di ruolo con qualche anno di esperienza sulle spalle). Sempre per lo streaming, Matteo Sumberaz ha disegnato le mappe e Filippo Munegato ha fatto i ritratti ufficiali dei personaggi.
Avevi gia’ creato altro di cosi’ ispirato o giocavi di ruolo in maniera “classica”?
Dall’inizio della mia residenza nel mondo dei giochi di ruolo ho tratto grandissime soddisfazioni dallo scrivere ambientazioni e avventure originali. In diverse misure, mi sono sempre affidato a fonti letterarie (nella mia campagna settimanale principale molti nomi di città sono presi dalle Fiabe Italiane di Italo Calvino). Questo però è il primo esperimento di radicamento dichiarato e totalizzante nel mondo culturale, il lavorare a stretto contatto con esperti del settore si sta rivelando preziosissimo per attingere nel modo più completo possibile a questa fonte senza travisarla.
Questo e’ il tuo primo video su YouTube se non sbaglio, cosa intendi proporre sul tuo canale sul tema GdR?
Il canale YouTube di cui parli qui è al momento in sospeso, ma è stato creato un canale ufficiale per La lieta brigata.
Tutte le coordinate di #quarantameron per D&D5e
Siamo molto contenti che un progetto così originale e ambizioso sia passato dallo stato di idea a un solido progetto. Ora è il loro momento di iniziare il lavoro strutturato per rendere reali e funzionali tutte le idee e le speranze. Per fortuna parte dell’impegno passa da divertenti sessioni di gioco! Per tutti coloro che vogliono seguire La lieta brigata, magari mettersi in contatto e, perchè no, magari offrire aiuto o collaborazione, i canali non mancano. Il modo migliore per rimanere in contatto è il canale Instagram. Poi ci sono i già citati sito, la pagina Facebook, l’account Twitter. Le sessioni in streaming si sono spostate da Youtube (dove comunque i video verranno caricati) a Twitch.
Noi di No Dice Unrolled continueremo a seguire il progetto con attenzione. Speriamo vivamente che #quarantameron per D&D5e si trasformi in un prodotto che sia veramente da ponte tra il divertimento e l’immersività del gioco di ruolo più famoso del mondo e la ricchezza umana e culturale di uno dei più grandi capolavori della letteratura italiana.
Seguiteci per conoscere e seguire progetti di gioco di ruolo italiani come #quarantameron !
La casa editrice Isola Illyon Edizioni, di cui vi abbiamo parlato recentemente recensendo il loro prodotto Ryuutama, ha annunciato che dal 25 maggio è ufficialmente in vendita il gioco di ruolo Spire – La città deve cadere. Si tratta di un gioco di ruolo fantasy-punk firmato da Grant Howitt e Christopher Taylor di cui avevamo già parlato in un precedente articolo. Inizialmente sarà acquistabile solo sullo shop del sito di Isola Illyon edizioni e nel giro di qualche giorno arriverà anche nei negozi fisici che trattano giochi di ruolo.
Qualche dettaglio sul prodotto
Si tratta di un gioco molto narrativoche mette i giocatori nei panni di un gruppo di Elfi Oscuriche vogliono recuperare la libertà e il dominio sulla città di Spire, un tempo la loro dimora. Dopo una brutale guerra gli Alti Elfi infatti li hanno schiavizzati e ora è giunto il tempo della riconquista.
Il centro della narrazione è appunto la rivoluzione per ottenere la città, attraverso intrighi e sotterfugi. Lo scopo infatti non è combattere e distruggere, ma sovvertire preservando la propria città natale. Spire è una metropoli grande e piena di luoghi molto diversi e assai evocativi. L’atmosfera è decadente, con una componente dosabile di horror sia nei luoghi che nei personaggi, dotati di strani poteri. Al centro della città vi è poi un luogo che, per quel che ci è dato sapere “stravolge ogni concetto di tempo, luogo e realtà”.
Il sistema è a pool di D10, scegliendo il migliore, sommando un modificatore e paragonando il risultato a una tabella di successi. Niente di nuovo sotto il sole e neanche sotto l’ombra dove vivono i drow a quanto pare. Ma d’altra parte parliamo di un gioco narrativo maggiormente incentrato sui toni, sulle storie e sull’estrema possibilità di differenziare i personaggi attraverso poteri, sfumature, culti e fazioni.
Tutte le strade per giungere a Spire
Spire – La città deve cadere è in vendita a 20€ per il PDF o 40€ per copia fisica + PDF. Il manuale è di 224 pagine con copertina cartonata. Se non volete aspettare che giunga nei negozi o se non volete fare la fila con la mascherina fuori dalla porta potete andare direttamente allo shop del sito Isola Illyon. Dal 1 giugno inoltre, usciranno anche Sangue e Polvere e Spire Codex, due compendi in PDF; essi andranno a espandere i contenuti base e saranno gratuiti per coloro che hanno pre-ordinato il gioco. Il prezzo separato non è ancora noto.
Appena possibile No Dice Unrolled vi proporrà un’anteprima dettagliata del manuale!
Seguiteci per avere tutte le informazioni disponibili su Spire – La città deve cadere e sugli altri prodotti Isola Illyon Edizioni!
Premetto che ho ricevuto una copia gratuita di Curse of the Lost Memories da Griffon Lore Games al fine di scrivere questa recensione. Per chi fosse interessato, questo prodotto è disponibile sullo store degli autori al prezzo di 39.99$ in copia fisica e 19.99$ in copia digitale.
Questo modulo rappresenta il primo capitolo di una campagna in lingua inglese più estesa e completa: Chronicles of the Celestial Chains. Ciò non preclude la possibilità di giocarla come avventura a sè stante o come parte di una campagna personalizzata. Ne esistono due versioni, una per D&D5e e una per Pathfinder, ma il contenuto nasce per essere facilmente adattato anche ad altri sistemi.
Ho avuto la possibilità di parlare con i creatori di quest’opera e voglio premettere una cosa, forse la più significativa per vari aspetti: il progetto è nato nel migliore dei modi, ovvero dalla genuina passione di un gruppo di giocatori che ha voluto mettere nero su bianco le avventure di anni di sessioni. E non dico questo per coprire altre lacune, anzi vuole essere un valore aggiunto. Nessun paragrafo trasmette la sensazione di riempitivo; ogni elemento è descritto con amore, in modo da poter coinvolgere i protagonisti con dettagli raffinati.
A spasso per il Regno di Lothmar
Questa cura per i particolari si nota innanzitutto nella trama, che sa essere originale e coinvolgente. Ma contestualizziamo: le vicende si svolgono nel Regno di Lothmar, un vasto territorio nato dai sopracitati anni di sessioni. Ogni angolo di questo luogo ha quindi una storia alle spalle e non sembra qualcosa di facciata, bello soltanto in apparenza. Difficile trovare luoghi così pregni di caratterizzazione! Se questo può sembrare difficile da gestire non abbiate paura: ogni locazione che si andrà a visitare in Curse of the Lost Memories viene presentata sotto varie sfaccettature, in modo da darne un quadro completo. Storia, abitanti (con relative schede delle statistiche), segreti e relazioni sociali… Non manca nulla! E alla fine del libro viene anche riassunta la storia del regno, permettendo quindi di legare i luoghi a importanti eventi del passato (che evito di citare per non fare spoiler).
In questo scenario si inseriscono i personaggi, legati in qualche modo al passato di queste terre. Essi hanno tutti strani ricordi riguardanti alcuni di quegli eventi che hanno plasmato parte di questo territorio; in particolare sembrano portare dentro strascichi di una terribile invasione demoniaca. L’unico problema è che loro, tecnicamente, non hanno mai partecipato a quegli eventi, essendo essi avvenuti più di un secolo e mezzo prima. Dopo il loro incontro comprenderanno che forse insieme riusciranno a sviscerare i segreti dietro a queste voci dal passato. Nel farlo vivranno molte peripezie, visiteranno luoghi affascinanti e incontreranno carismatici personaggi. Tutto questo, sebbene abbia degli ovvi paletti dettati da fatto stesso di essere un’avventura prefatta, si svolge in maniera fluida e dinamica. Le azioni dei protagonisti hanno un reale impatto sul mondo di gioco e sui loro rapporti con chi li circonda. L’esito variabile di molte questioni dona grandissima immersione.
I protagonisti di Curse of the Lost Memories
Ma chi sono effettivamente i personaggi interpretati dai giocatori? Non svelerò troppo a riguardo, per non rovinare le sorprese riguardanti questi “ricordi perduti”, ma sono speciali. Vi sono alcune linee guida per interpretarne alcuni suggeriti all’interno del manuale stesso, oppure vi sono gli spunti per crearne di nuovi. In questo caso ci sono ben poche limitazioni relative ai sistemi di riferimento, se non l’esclusione di poche razze che risulterebbero fuori contesto. Si nota ampiamente l’intento dei creatori di non restringere troppo le possibilità, trovando un ottimo equilibrio tra autorialità dell’opera e sfruttamento libero del sistema di gioco.
La creazione del personaggio segue le normali regole, alle quali però vanno fatte un paio di aggiunte. Prima di tutto ognuno ha delle abilità bonus, donate gratuitamente per vivere al meglio l’esperienza di gioco; tutti hanno buone doti di infiltrazione e questo sottolinea il fatto che Curse of the Lost Memories non nasce per essere un susseguirsi di combattimenti, ma premia anzi approcci differenti. Inoltre ogni giocatore deve scegliere un “dono” per il proprio alter ego, ovvero un vantaggio dato (in qualche modo) da quei frammenti di ricordi che lo contraddistinguono. Questo però si traduce in vantaggi che, secondo me, risultano troppo decisivi e vanno quasi a sovrascrivere capacità faticosamente guadagnate coi passaggi di livello. +20 ai tiri salvezza su Saggezza/Volontà? Troppo, anche se contestualizzato.
Infine ci tengo ad aggiungere che questa campagna si pone l’obbiettivo di creare personaggi longevi a cui affezionarsi, per poterli vivere in maniera esaustiva e appagante. Per questo motivo (e per giustificate necessità di trama), quando uno dei protagonisti muore ritorna misteriosamente in vita vicino ad un albero specifico… Il motivo? Lo scoprirete solo giocando! In ogni caso sono presenti dei malus che impediscono l’abuso di questa meccanica.
Una presentazione pregna di professionalità
Qualitativamente questo manuale è di livello elevatissimo. Struttura funzionale e bella da vedere, font adeguato, palette cromatica azzeccatissima e primo impatto ottimo. Navigare al suo interno è semplice e piacevole, grazie ad un’impaginazione professionale, classica (a due colonne) e intelligente. I materiali sono resistenti e piacevoli al tatto; anche la solida copertina rigida è un pregio non indifferente.
Le illustrazioni sono anche bellissime e accompagnano i paragrafi, dando vita ai loro contenuti. Sono immagini create ad hoc per questo manuale e il risultato ne trae vantaggio. Anche le mappe sono molto ben realizzate; sono tantissime e molto utili per avere una chiara idea di come siano strutturate le varie locazioni. L’unico loro difetto secondo me è la scelta cromatica; a essere sincero le avrei preferite leggermente più chiare, in modo da facilitarne la consultazione. Parliamoci chiaro, sono comunque molto belle; è solo un mio personale capriccio. In ogni caso segnalo che le più importanti sono disponibili per acquisto anche in formato digitale, in modo da poterle utilizzare facilmente anche nel gioco online o poterle comodamente stampare per giocare dal vivo.
Considerazioni finali su Curse of the Lost Memories
In generale questa avventura mi ha colpito molto positivamente. La professionalità che la contraddistingue è davvero notevole, tanto da tenere testa a pubblicazioni ben più blasonate. Rispetto ad esse, però, mi sembra leggermente meno accurata nelle meccaniche esclusive; esse non rovinano l’esperienza di gioco, ma risultano meno equilibrate ed impeccabili. Graficamente è molto bella e vien voglia di sfogliarla anche solo per il gusto di farlo.
In conclusione posso dirmi molto soddisfatto di Curse of the Lost Memories; la consiglio a chiunque apprezzi le campagne immersive e profonde, che non puntano solo a trasformarsi in un massacro di mostri. Questo non significa che manchi l’azione, anzi; semplicemente l’equilibrio tra roleplay e azione è molto ben ponderato. La storia è originale e non banale, cosa ormai non così comune. Questo prodotto è la dimostrazione che anche le pubblicazioni meno conosciute meritano fiducia.
Continuate a seguirci per saperne di più sul seguito di Curse of the Lost Memories e sugli altri prodotti di Griffon Lore Games!
Gli amici di GearGames ci hanno inviato a scopo valutativo la nuovissima avventura L’Ombra della Seppia, ovviamente creata per il loro acclamato gdr steampunk Vulcania. Se non lo conoscete (grave!) potete farvene un’idea leggendo la nostra recensione.
L’Ombra della Seppia è il secondo capitolo della Saga degli Xhuul, iniziata con I Soliti Sospetti, l’avventura introduttiva contenuta nel manuale base di Vulcania. E siamo pronti a scommettere che non si tratta dell’ultimo episodio.
L’avventura è uscita in PDF il 19 maggio su DrivethruRPG e sul sito della GearGames al costo di 4,60€.
Uno sguardo d’insieme
Il prodotto è un PDF da cinquanta pagine che riprende qualità e impaginazione già trovati nel manuale base di Vulcania. Le illustrazioni sono di alta qualità e hanno le già conosciute scelte cromatiche che mi attirano come un fumetto da divorare tutto d’un fiato.
I paragrafi sono di agevole lettura, l’impaginazione è chiara e ben strutturata. Come già per l’avventura precedente, anche L’Ombra della Seppia ha delle parti denominate “Se i PG…” per aiutare i narratori a navigare tra i molteplici sviluppi della trama senza perdersi sfogliando le pagine.
Non è tutto fumo ciò che è steampunk!
Va bene, il prodotto è stato confezionato a dovere, ma quello che master e giocatori cercano è la sostanza, l’avventura, il pathos. E’ sempre difficile recensire un’avventura, non potendo rovinare la sorpresa a potenziali giocatori. Cercherò di darvi una visione di insieme.
Poichè per giocare a L’Ombra della Seppia è necessario il manuale base di Vulcania contenente l’avventura precedente, è quasi certo che quest’ultima sia stata giocata. Similmente anche questa recensione deve per forza prenderla in considerazione.
I Soliti Sospetti un’ottima avventura che, pur forzando un po’ la mano del master verso il railroading (in più di un senso) fa egregiamente il suo dovere. D’altronde trattandosi di un’avventura introduttiva deve quasi per forza seguire uno sviluppo lineare. Ma l’ambientazione e il mood sono veramente efficaci e il risultato è più che buono.
Va notato con molto piacere che il prologo per il narratore occupa ben 5 delle 30 pagine dell’avventura, andando a descrivere un punto di partenza approfondito e interessante, che infatti non viene sprecato ed è il fulcro su cui ruota l’intera saga.
I Soliti Sospetti è stata una lettura piacevole, le scene proposte intriganti e classiche nel senso più positivo del termine: se certi cliché dell’avventura funzionano da decenni, un motivo ci sarà e viverli nel mondo adrenalinico di Vulcania è un’esperienza da provare. Speravo che il seguito fosse di pari livello, sono felice che lo abbia superato.
L’Ombra della Seppia nel dettaglio
L’Ombra della Seppia porta la Saga degli Xhuul su un altro livello. Ora che le alcune carte sono state svelate e che i meccanismi della trama hanno incominciato a girare, gli autori hanno alzato ulteriormente il tiro. L’avventura è veramente costruita per far girare a pieni motori i punti di forza di Vulcania. Ritmo, tensione, scene e scenari cinematografici che fanno accettare la linearità della trama perchè funzionano all’interno di un’ottima storia che continua ad aprirsi a sempre maggiori possibilità.
L’avventura è ben scritta, il tono è colloquiale e moderno, dando quasi l’impressione di una chiacchierata tra gli autori e il futuro master. Il linguaggio e i nomi sono sempre scanzonati e divertenti. Questo giro sentirete parlare di Ghiger (R.I.P., genio!), Robb N’Huud e Guillermo Telles, solo per citarne alcuni. C’è più di uno strumento fornito per tenere alto il ritmo e i giocatori incollati alle sedie.
La storia, benchè lineare, dà in realtà grande libertà all’approccio dei giocatori, concedendo una libertà che non credevo sarebbe stata possibile dopo aver letto l’epilogo dell’avventura precedente; ma soprattutto getta le basi per un terzo capitolo potenzialmente ancor più interessante. Sono ansioso di scoprire se GearGames riuscirà a stupirmi un’altra volta e alzare di nuovo l’asticella con la prossima avventura. Perchè DEVE esserci una prossima avventura!
Le mie considerazioni finali su L’Ombra della Seppia
Partiamo dal presupposto che Vulcania è un gran bel gioco, con un sistema fresco e maneggevole e un mondo eclettico e tutto da scoprire. Ambientarvi una saga è potenzialmente molto semplice, ma il rischio di banalizzarla è alto.
Gli autori invece hanno dimostrato due cose. La prima è che hanno l’esperienza e il talento per prendere elementi classici e riproporli molto bene. La seconda è che si divertono a farlo. Leggendo l’avventura mi è stata trasmessa proprio la sensazione di puro divertimento.
Non deve spaventare, ma questa non è proprio un’avventura per master alle prime armi. Non c’è tutto scritto e pronto dall’inizio alla fine. Ci sono sequenze narrative e momenti di tensione che devono saper essere gestiti e comunicati adeguatamente ai giocatori se si vuole ottenere un giusto effetto. Per i master meno esperti potrebbe essere un ottimo banco di prova per cimentarsi nella gestione di queste dinamiche, perchè tutto il contorno è di ottimo livello e quindi aiuta a farsi le ossa. Anche i narratori devono fare esperienza!
A mio avviso chi ha comprato il manuale base di Vulcania dovrebbe fortemente considerare l’idea di acquistare L’Ombra della Seppia, se non sta già vivendo una campagna completamente diversa dalla parte opposta del mondo. O se non è sotto gli effetti dei gas tossici dell’Abarabazem. Ora che c’è un’avventura più corposa a dar seguito a quella introduttiva e ad aprire scenari per una campagna epica, non resta veramente che decidere quale sera iniziare a giocare!
Continuate a seguirci per essere informati su Vulcania e gli altri prodotti di GearGames!