Certe tematiche e certe polemiche hanno la peculiare caratteristica di espandersi in maniera capillare, proprio come è successo con il precario equilibrio tra razzismo e politically correct nel mondo dei GdR. Ormai è da alcune settimane che si sta dibattendo su cosa sia troppo e cosa invece faccia parte della libertà di espressione; cosa superi l’offesa e cosa invece sia un parere espresso in maniera legittima. Mi sono preso un po’ di tempo per rifletterci, ma penso che sia giunta l’ora di esternare il mio punto di vista.
Prima però una piccola contestualizzazione. La questione si è inasprita dopo un evento gravissimo, ovvero il triste (e sbagliatissimo) destino toccato a George Floyd. Ovviamente non approfondirò l’argomento, qua si parla di giochi di ruolo e affini. In ogni caso mi sento in dovere di specificare che ritengo quel fatto gravissimo e che vada soppesato in maniera totalmente diversa rispetto a quanto analizzerò in questo articolo.
In ogni caso è evidente che la questione abbia sollevato varie riflessioni e questo è certamente un bene. Non dico che sia d’accordo con tutte (e in seguito capirete il motivo), ma anche solo il fatto che abbiano fermato la community e l’abbiano fatta pensare è una vittoria.
GdR, film, videogiochi: il confine tra razzismo e politically correct
Questi effetti hanno dei casi emblematici in vari settori, oltre che tra gli opinionisti. Nel cinema avrete sicuramente sentito il caso di Via col Vento. Nell’universo videoludico potreste aver sentito le polemiche attorno a Little Devil Inside. Per quanto riguarda i GdR, invece, le tematiche del politically correct e del razzismo hanno riguardato da vicino D&D5e.
Ma soffermiamoci su cosa ci compete, ovvero su questo ultimo punto. Wizards of the Coast ha deciso di scusarsi per l’iniziale approccio nei confronti degli orchi (e dei drow) e di riservare loro una maggiore profondità. Finora la loro natura all’interno di questo universo narrativo è sempre stata crudele e spietata, essendo loro irrimediabili progenie del male. Questo è necessariamente un problema? Dipende. Se si vuole rimanere fedeli alla tradizione assolutamente no, il gioco di ruolo tende a creare degli stereotipi e a formare un concetto di “male” tangibile. D’altro canto ci si potrebbe chiedere perchè sempre loro? La loro origine li ha corrotti e reso cosa sono, ma questo non può essere stucchevole?
Fornire una risposta di getto sarebbe controproducente, meglio spezzare la questione in fattori e affrontarli singolarmente. In questo modo il ragionamento si evolve su più assi.
L’asse del tempo
Prima di tutto va notato che quando queste concezioni di creature sono nate, l’epoca era un’altra e la sensibilità anche. La società per fortuna si è evoluta e questo ha creato una frattura nei confronti di opere che, per decenni, hanno rifiutato di volersi evolvere. Questo significa che il GdR era pregno di razzismo e l’attuale politically correct lo stia redimendo? Assolutamente no. La tradizione di certi universi ha ragione di essere rispettata, ma non deve diventare una regola. Mettere degli elfi di colore nella serie The Witcher al solo scopo di apparire corretti può stonare, poichè va contro le leggi che governano quel mondo e non può far altro che apparire come una forzatura.
Allo stesso modo sarebbe trovo triste vedere che in ogni universo narrativo fantasy le razze classiche abbiano all’incirca le stesse caratteristiche: elfi raffinati e altezzosi, nani bonaccioni o scorbutici e orchi violenti. All’inizio perchè non era considerato razzismo? Non è perchè ora siamo troppo critici, ma piuttosto perchè al tempo quella era una novità. Creare un mondo come la Terra di Mezzo di Tolkien in cui gli orchi sono creati come creature intrise di male non è affatto scorretto. Mantenere le stesse caratteristiche in qualsiasi altra opera fantasy per quarant’anni invece può esserlo.
Il tempo quindi ha un ruolo importante in questa analisi. Un mondo nato con certe leggi è giusto che possa mantenerle senza essere additato come razzista, ma allo stesso tempo deve sempre sentirsi libero di evolversi nel caso lo ritenga necessario.
L’asse della circostanza
Questo è forse l’aspetto meno ideologico e più pratico. Noi parliamo da fruitori di contenuti, ma bisogna considerare che quelle opere sono il mezzo di sostentamento degli addetti ai lavori. Come si fa a biasimare chi decide di reinterpretare in chiave più moderna la propria opera per fare in modo che questa continui a essere apprezzata e acquistata? Una simile scelta non andrebbe vista come un “vendersi”, ma piuttosto come un cercare di andare incontro alle richieste della società invece di fare gli integralisti e vedere la propria opera morire lentamente. Poi ovviamente questo discorso è molto più pertinente alle opere “giovani”, poichè quelle più datate è probabile che abbiano un bacino d’utenza stabile.
E non dimentichiamo un fattore: l’ultima parola spetta all’autore, non alla critica. La gente può essere più o meno d’accordo con un’eventuale smussatura di certi aspetti e può di conseguenza scegliere se interessarsi o meno al prodotto. Ma dovrebbe sempre essere l’autore a dare l’ultima parola sul lavoro che sta creando. E sebbene possa sembrare banale, negli ultimi anni non sempre è stato così.
In altre parole dovremmo sempre cercare di analizzare le scelte in relazione alla società e non come concetti astratti e slegati da ogni logica. Il gioco di ruolo spesso rappresenta una via di fuga o una versione alternativa della realtà in cui viviamo; non tenere in considerazione quest’ultima sarebbe un errore di valutazione.
L’asse della finalità
Un altro aspetto determinante è il fine che si vuole dare ad un’opera. Nel caso si voglia continuare una tradizione, ho già espresso il mio parere a riguardo. Ma non sempre è così: per comprenderlo a pieno dobbiamo provare a metterci nei panni di chi non è nella nostra situazione.
A molti potrà sembrare quasi assurdo legare i GdR ai discorsi sul razzismo e sul politically correct, ma non lo è. Molti di noi conosco il settore da anni o hanno addirittura assistito alla sua nascita, ma non per tutti è così. Proviamo a immaginare come sia per un ragazzino inserirsi in un mondo in cui il razzismo dilaga ed è la normalità per tutti. Un giovane che non ha modo, tempo e/o voglia per recuperare decenni di opere e contestualizzazione. L’idea trasmessa potrebbe essere tranquillamente travisata. Ma come detto prima questo non significa eccedere con il politically correct: basta avere bene a mente quale sia il target di un’opera ed esplicitarlo.
Quindi come si trova un equilibrio nel discorso tra razzismo e politically correct nei GdR?
E questo forse è proprio ciò che servirebbe per porre fine a tutte queste diatribe: classificare. Rendere ben palese quale sia il pubblico adeguato per un determinato gioco di ruolo. Come sempre l’equilibrio potrebbe essere la soluzione corretta; troppe restrizioni o troppo menefreghismo potrebbero essere dannosi in egual misura. Porre questi limiti permetterebbe a tutti di fruire di un prodotto adatto a sè, senza turbare i partecipanti nè limitare chi desidera contenuti più spinti.
In questo modo durante la sessione 0 di una campagna si può scegliere un approccio che aggrada tutti i partecipanti, ben consci di cosa proponga un determinato prodotto. L’importanza di questa circostanza si nota anche sotto altri aspetti, non solo quello del razzismo; in sessione 0 si possono anche escludere tutte quelle altre tematiche che potrebbero rovinare l’eperienza di gioco di alcuni partecipanti.
In ogni caso questo discorso si riaggancia ad uno più ampio, che merita di essere citato.
I tabù: come gestirli in maniera efficace
L’idea di oscurare un argomento per evitare che diventi un problema è sbagliata. Se si tratta di motivi specifici o traumi personali è un conto, ma adottare questa mentalità in maniera trasversale è principalmente un danno. Non voler trattare argomenti perchè “brutti” o pesanti non aiuta a sensibilizzare. Molto meglio viverli (in gioco) e farsi un’idea di quanto siano sbagliati, in modo da imparare a non tollerarli nemmeno nella realtà.
Negare l’esistenza di questi orrori non li fa riconoscere come tali e toglie ogni possibile sfogo a riguardo. E se il discorso dovesse allargarsi seriamente ad altri ambiti, la situazione peggiorerebbe ancora. Eccedere nel politically correct per combattere il razzismo e altri mali, rischierebbe di togliere troppo valore ai GdR e agli altri metodi di intrattenimento. Provate a pensare se il discorso fosse esteso a libri, film, serie TV,… Niente più drammi personali conseguenti a tragedie, niente più horror, niente più opere “pesanti”… No, per me questo (seppur esagerato) non è un panorama auspicabile. E il discorso “nei GdR c’è più immersione” non regge: una mente vulnerabile si fa influenzare da qualsiasi fonte.
Per concludere ribadisco che a mio avviso risulta molto più utile non cadere nell’eccessivo proibizionismo, ma limitarsi a criticare il cattivo gusto; in questo modo si lascia autorialità ai creatori di contenuti e la responsabilità di cosa affrontare spetta al singolo. Trasparenza, apertura mentale e maturità, ecco cosa serve.
Ho seguito la discussione in diversi gruppi in lingua inglese e l’impressione che ho avuto è stata spesso di avere davanti delle persone che battevano i piedi per terra.
In quanto giocatricE ho assistito spesso a questo atteggiamento già quando si affrontava il problema sessismo.
Il punto è: qual’è il problema nel decidere che non tutti gli individui di una razza sono naturalmente malvagi?
Infondo uno dei drow più celebri non si trova a guardare con orrore alla società in cui è cresciuto nel momento in cui ne comprende la natura?
Nella Germania nazista non erano tutti malvagi che godevano nel vedere le minoranze finire nei campi di sterminio.
Ogni società non è un blocco granitico in cui tutto è bianco o nero.
Ci sarà un pensiero corrente e poi ci saranno persone che ne dissentono.
In quante squadre abbiamo visto orchi che non si divertivano a bruciare i villaggi?
O elfi che hanno abbracciato il caos nella via per ottenere maggiore potere.
Il fatto stesso che sia possibile scegliere un orientamento e non venga imposto a seconda della razza scelta, implica che la regola non è mai stata assoluta.
La prima volta che ho visto una simile discussione la mia reazione è stata “Beh, hanno scoperto l’acqua calda?”
Dopo un po’ ho smesso di seguire perché erano le stesse reazioni scomposte cui ho assistito quando si provava a far notare che no, nessuna donna dotata di buon senso indosserebbe un bikini di maglia allo scopo di distrarre l’avversario con le proprie grazie e l’unico motivo per cui in tante immagini fantasy appaiono simili “armature” (così come le comodissime armature con le tette, eccezionali se progetti di sfondarti lo sterno) era perché il target di quelle immagini erano, per lo più, maschi adolescenti. :/
Cioè, sul serio, se il dire che le razze non sono blocchi granitici in cui tutti gli individui sono creati con lo stampino basta a rovinare l’esperienza di gioco il problema non è la modifica al regolamento.
E non si tratta nemmeno di un discorso puramente legato al politically correct (che ai miei tempi si chiamava rispetto ed educazione, ora è diventata una brutta cosa) ma di semplice miglioramento della scrittura.
Quando inserisci varietà, eliminando limitazioni stereotipate, non fai mai un cattivo lavoro.
Poi, oh, se uno vuol giocare l’orco cattivo non è mica proibito, semplicemente si dice che non è obbligatorio che un orco lo sia (e non lo era nemmeno prima, perché tantissimi hanno giocato orchi che cattivi non erano, o drow)
Nell’ambientazione in cui gioco io gli elfi sono di un razzismo decisamente fastidioso, e alcuni membri della razza lo ammettono, scusandosi con imbarazzo.
Vorrei articolare una risposta profonda e precisa, ma hai gia’ fatto tutto tu. D’accordissimo su tutto!
Una razza non ha senso di essere sempre stereotipata. Diamo versatilita’, maturita’ e armonia nei manuali, poi ogni master gestira’ la cosa come meglio crede.
Per il discorso delle donne il processo e’ stato simile e mi spiace che sia stato anch’esso “doloroso”. Ah, e i bikini mail sono orribili, lunga vita alle coraggiose fanciulle in full plate!
Serena: Personalmente condivido le ragioni di fondo del tuo commento, tuttavia devo dire che … Dipende.
Come scrive Andy non è solo questione di gioco, ambientazione etc. ma anche del senso che l’autore ha voluto dare alla sua creazione. Tolkien, tanto per proseguire l’esempio di Andy, creò gli Orchi nella Terra di Mezzo come fossero demoni, intrinsecamente malvagi, irredimibili. E’ il suo libro, fine. Ora facciamo che creo un GdR ambientato nella Terra di Mezzo, che faccio? L’orco buono? Perché? Solitamente uno dei piaceri di chi gioca un GdR con un’ambientazione letteraria è quello del fan che entra e cammina nell’ambientazione che ama. Travisarla, anche per ottime ragioni come il combattere il razzismo, non gli farebbe un gran piacere, credo.
Se poi il KKK vorrà creare il proprio GdR con croci in fiamme etc. be’, sarò il primo a non volerci giocare… O forse no? Conosco un sacco di amici che sono persone buone come il pane, ma a cui piace giocare personaggi malvagi. Perché non poter creare un’ambientazione malvagia?
Si tratta di opere di fantasia, giusto, poi, come dici tu, probabilmente una rappresentazione troppo stereotipata finirebbe per non funzionare e risulterebbe noiosa. Ma quindi che facciamo? Proibiamo ex-lege le schifezze?
Giocare un GdR significa calarsi in un altri punti di vista, in realtà immaginarie aliene, a volte distopiche, a volte ideali.
Se si vuole creare un’ambientazione in cui tutte le razze hanno pari dignità dico… Perché no?
Ma aggiungo anche: se vogliamo fare un servizio alla lotta al razzismo sarebbe ancora meglio abolirle del tutto le razze, visto che non ci sono nel mondo reale salvo che nelle menti di chi nutre questi pregiudizi.
Insomma, non diamo la colpa alle bambole per il fatto che la monaca di Monza si fece monaca ;-).
Mi intrometto solo con un piccolo commento: il tuo esempio di Tolkien e del GdR tematico e’ calzante e adeguato, ma come ho detto ha pur sempre varie decenni sul groppone. Questo non significa che sia un brutto prodotto o che non ci stia, anzi! Ma rivedere sempre e solo quella concezione, decenni dopo e anche in opere in che non sono a tema tolkeniano (D&D per esempio) secondo me e’ un po’ antiquato… Soprattutto nei nuovi prodotti!